UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Ma i videogiochi
hanno virtù terapeutiche?

Ciò che si guadagna in abilità oculo­motoria si perde in capacità linguistica. Poiché il tempo a disposizione di ciascuno di noi è limitato, bisogna fare una scelta: più libri o più videogiochi? Parlare bene o essere abilissimi nello smanettamento?
1 Giugno 2011
Il 'Journal of NeuroEngineering and Rehabilitation' ha pubblicato gli esiti di uno studio condotto su dodici cinquantenni colpiti da paralisi in seguito a ictus e sottoposti a riabilitazione motoria assistita da guanti robotici ed esoscheletri. Gli esercizi consistevano nell’esecuzione di videogiochi che prevedevano movimenti congiunti delle dita e del braccio. I risultati hanno indicato, rispetto ai metodi di riabilitazione tradizionali, un miglioramento significativo del controllo delle dita e della fluidità dei movimenti del braccio. I procedimenti usuali di recupero prevedono un allenamento separato di mano e braccio, mentre i videogiochi e gli ausili robotici impegnano di conserva i due organi, circostanza che accelera e potenzia il processo terapeutico. È un altro esempio di come il rapporto uomo-macchina possa avere risvolti curativi importanti: in particolare i videogiochi, cui i ragazzini dedicano ore e ore di impegno accanito, stimolano alcune aree cerebrali preposte ai delicati movimenti degli arti superiori. Il risultato è che i giovani che si dedicano precocemente a queste attività ludiche acquisiscono un’abilità e una prontezza che noi adulti, abituati soprattutto a leggere e a scrivere, non ci sogniamo neppure. Di qui all’impiego terapeutico e riabilitativo il passo è breve, ma decisivo: esiste una forte correlazione tra le azioni compiute dal malato con gli organi colpiti dalla paralisi e le funzioni delle aree cerebrali corrispondenti a quegli organi, perciò la ripetizione dei movimenti (assistiti da supporti robotici come il guanto e l’esoscheletro, che fungono da stampelle) stimola le aree cerebrali compromesse dall’ictus e quindi consente una migliore esecuzione di quei movimenti, in un circolo virtuoso che porta verso la guarigione. L’ibridazione uomo-macchina porta all’emergere di un 'simbionte', un’unità promiscua in cui la componente biologica e quella artificiale sono mescolate intimamente. Negli individui menomati dall’ictus, le attività del simbionte comportano un recupero delle funzionalità perdute, mentre negli individui sani conducono a un potenziamento delle aree cerebrali interessate dalle attività senso-motorie e oculari richieste dai videogiochi. È a causa di ciò che il simbionte 'ragazzino­videogioco' segue una deriva dinamica e cognitiva diversa da quella seguita dal simbionte 'ragazzino-libro'.

 
Si giustifica così, in un certo senso, il detto antico 'la funzione sviluppa l’organo', dove per organo si deve intendere l’area cerebrale che presiede alla funzione. Vero è, peraltro, che lo sviluppo delle zone cerebrali potenziate dai videogiochi può andare a detrimento dello sviluppo di altre aree, in particolare di quelle che controllano la produzione e il riconoscimento del linguaggio (aree di Broca e di Wernicke). Ciò che si guadagna in abilità oculo­motoria si perde in capacità linguistica. Poiché il tempo a disposizione di ciascuno di noi è limitato, bisogna fare una scelta: più libri o più videogiochi? Parlare bene o essere abilissimi nello smanettamento?