UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Ma la vita non è un gioco

Nel 2011 gli italiani hanno speso 76 miliardi di euro in giochi d'azzardo, il 13% in più dell'anno prima. Quasi 10 miliardi sono andati in fumo attraverso la forma "casalinga" del gioco on line. Centinaia di migliaia gli "insospettabili" dipendenti, altrettante le famiglie rovinate...
1 Febbraio 2012
Un Cartello 'Insieme contro il gioco d’azzardo' e il rilancio del Cartello 'Insieme contro l’usura' che nel 1995 determinò l’approvazione della legge 108 a favore delle vittime. La doppia proposta arriva dalla Con­sulta Nazionale Antiusura, l’organismo che coordina le Fondazioni che da anni sostengono persone e famiglie fi­nite nel tunnel dello 'strozzo'. Dito puntato, nel conve­gno organizzato presso la Caritas italiana, sullo 'stato bi­scazziere' e sulla scarsa attenzione ai problemi delle «fa­miglie sempre più indebitate». Il gioco d’azzardo, denuncia il segretario nazionale della Consulta, monsignor Alberto D’Urso, è «una miniera d’o­ro per la criminalità organizzata, un fenomeno che risuc­chia milioni di euro ogni anno, che distrugge persone, ro­vina famiglie, ingrassa gli usurai, inducendo a dipenden­za compulsiva centinaia di migliaia di persone insospet­tabili ». Un’accoppiata perversa, confermata anche dal commissario di governo per le iniziativa antiracket e an­tiusura. «C’è uno stretto connubio – avverte il prefetto Giancarlo Trevisone – tra gioco e usura. Se non si tagliano i gangli il cancro erode anche l’altra parte». Anche perché, sottolinea il sottosegretario all’Interno, Carlo De Stefano, «quello del gioco d’azzardo è sicuramente uno dei nuovi grossi affari delle mafie. Per questo ci vuole grande atten­zione da parte di tutti. Ma purtroppo c’è stata sottovalu­tazione... ». L’impegno delle Forze dell’ordine è invece mas­simo, assicura il ministro Annamaria Cancellieri nel cor­so di un’audizione al Senato, «proprio per i pericoli di coin­volgimento dei minori e delle fasce più deboli, ma occor­re intensificare gli sforzi, anche attraverso l’attività di ap­positi organismi di vigilanza». Ma il contrasto non basta. «Serve un’attività di prevenzione – aggiunge De Stefano – fin dalle scuole sull’uso responsabile del denaro». Proprio per questo la Consulta, forte dei drammatici dati forniti dal sociologo Maurizio Fiasco, lancia la proposta del Cartello «promuovendo iniziative – insiste monsignor D’Urso – di sensibilizzazione e di denuncia sui pericoli e i danni che il ricorso al gioco sta determinando anche sulle nuove generazioni che affidano la costruzio­ne del loro futuro all’azzardo piuttosto che al lavoro». La denuncia contro lo Stato è durissima: «Come può giusti­ficare la distruzione psicologica, morale, economica e fa­miliare e, talvolta anche fisica, di tante persone indebita­te per il gioco, affermando che ha bisogno di incassare mi­lioni di euro per restaurare monumenti e chiese, quando quel denaro viene sottratto a persone e famiglie che non hanno da mangiare e da pagare l’affitto?». Una domanda «già rivolta, e più volte, al mondo politico», che «non ha ricevuto alcuna risposta». Proprio per questo ora viene ri­lanciata col Cartello, chiedendo tra l’altro un programma di prevenzione e formazione e che vengano inserito nei Lea socio-sanitari anche le patologie da dipendenza da gioco.
Il rilancio del Cartello 'Insieme contro l’usura' punta il di­to su ritardi e carenze. In primo luogo la mancanza di ri­finanziamento della legge, poi «la ormai anacronistica, i­nattuale e costituzionalmente illegittima esclusione del­le famiglie, vittime di usura, dall’accesso alle provvidenze del fondo di solidarietà», riconosciute finora solo alle at­tività economiche. Eppure «le famiglie a rischio di inde­bitamento estremo e quindi anche di usura sono circa tre milioni (il 25%), in particolare nel Mezzogiorno (intorno al 30%)». Una vera piaga sommersa, l’usura, «che coin­volge non meno di novecentomila persone». Le Fondazioni restano in prima linea. Ma, avverte il presidente della Con­sulta, padre Massimo Rastrelli, «siamo ben consapevoli di non essere nelle condizioni di fare miracoli economici e finanziari. Noi possiamo aiutare 'chi si aiuta'». Ma non ba­sta se, accusa, «le denunce degli usurai finiscono in ar­chiviazioni, prescrizioni, derubricazioni e solo pochissi­me condanne».