UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Macerata: confronto a più voci sui media

Attorno al tema «I media per un nuo­vo umanesimo», il direttore di Emmaus e Radio Nuova, don Luigi Taliani, ha mode­rato, il 3 novembre, gli interventi di Barbara Pojaghi, di Sergio Valzania e di Marco Tarquinio.
7 Novembre 2011
Se per la vita umana 25 e 35 anni sono età ora­mai ricomprese entro l’arco della giovinezza, par­lando di media non si può i­gnorare lo stacco abissale in­trodotto in questo arco di tempo da informatica, inter­net, digitale: i compleanni hanno quindi un peso ben maggiore. Chi li celebra – nel nostro caso i media cattolici della diocesi di Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia: il settimanale Emmaus e Radio Nuova in-Blu – ha avuto giovedì 3 novembre l’oc­casione di dimostrare quan­to vigorosamente e con slan­cio si guardi avanti. Affidata la memoria del passato, sempre un po’ struggente, a una mostra che raccoglie do­cumenti sui momenti sa­lienti, i volti, i cambiamenti vissuti negli anni dai due me­dia, un convegno ha invece offerto l’occasione per proiettarsi innanzi. Attorno al tema «I media per un nuo­vo umanesimo», il direttore di Emmaus e Radio Nuova, don Luigi Taliani, ha mode­rato gli interventi di Barbara Pojaghi, preside della Facoltà di Scienze della comunica­zione della locale università, di Sergio Valzania, vice diret­tore di RadioRai e di Marco Tarquinio, direttore di Avve­nire.

Cornice dell’incontro – tra­smesso in diretta, in perfet­to stile multimediale, da tv locali e in streaming video sui siti internet della diocesi – l’Auditorium San Paolo ge­nerosamente messo a di­sposizione dal rettore dell’U­niversità Luigi Lacchè. L’ap­puntamento ha raccolto un pubblico, attento e caloroso, di circa 400 persone. In a­pertura il vescovo diocesano Claudio Giuliodori ha sotto­lineato come l’umanesimo evocato nel tema dell’incon­tro abbia subito negli ultimi decenni grandi trasforma­zioni, peraltro ancora in at­to, e come tra i meccanismi che incidono su di esso, vi siano i media che «modella­no, impastano, costituisco­no un crocevia». Da ciò l’im­portanza di strumenti come Radio Nuova ed Emmaus, «nati dall’esperienza di per­sone, di associazioni; mezzi che scaturiscono da cattoli­ci ma non si rinchiudono en­tro confini circoscritti, per in­teragire con tutti a partire dalla realtà di fede». Stru­menti che sono visibilmen­te cresciuti arrivando anche a offrire «concrete opportu­nità e speranza di futuro a numerosi giovani». Una cre­scita di presenza e di rilievo attestata peraltro da tutte le autorità succedutesi a por­tare i loro saluti. La profes­soressa Pojaghi ha esordito confessando la sua gratifica­zione di docente per essere stata intervistata da giovani che aveva avuto come allie­vi. Per la docente, l’irruzione di nuove forme di comuni­cazione non ha fatto venir meno l’esigenza di apparte­nenza che caratterizza uni­versalmente l’esperienza u­mana, ma sono cambiate le forme di comunicazione, delle quali è necessario ave­re coscienza e che vanno pa­droneggiate. Una grave col­pa dei media di fronte alle sfide umanistiche dell’oggi è la rinuncia alla descrizione della normalità: «A che ser­ve conoscere tutti i dettagli dei delitti più efferati»? Val­zania, dopo aver sottolinea­to la differenza tra informa­zione e comunicazione, ha riconosciuto che il mondo cattolico dispone di «un k­now- how smisurato di espe­rienza sociale», in grado per questo di dare un contribu­to decisivo alla ricostruzio­ne dell’umano, ma «col pro­blema di trasferirlo a gente che legge tutt’altro». Un ri­medio a ciò, ha rilevato Mar­co Tarquinio proviene pro­prio dal servizio svolto da media come i due 'festeg­giati' a Macerata, un’infor­mazione che parla di – e si ri­volge alle – persone che «possiamo incontrare per strada. E per questo chiede lucidità, serietà, rispetto del­le regole». Dei media che – come Avvenire – producono un’informazione «legata alla realtà del territorio, che oggi si dilata alla dimensione del mondo e della Chiesa uni­versale », per la quale è un punto d’onore «dar voce al­le cose belle, alla foresta che cresce, al Paese ancora ca­pace di resistenza, all’altra I­talia di cui tutti da cristiani e da cittadini consapevoli fac­ciamo esperienza».