UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Maestro di sintesi

Mons. Claudio Giulio­dori, vescovo di Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia e presidente della Commissione epi­scopale Cei per la cultura e le comunicazioni so­ciali, commenta per Avvenire il tema scelto dal Papa per la 46ª Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali. «La Chiesa - ha detto - è da sempre impegnata a fare sintesi tra diversi linguaggi. Oggi può ancora intercettare le domande di senso».
 
21 Maggio 2012
L’equilibrio tra silenzio e parola? Appartie­ne allo stile di Gesù, è stato fatto proprio dalla Chiesa fin dall’inizio ed è una risor­sa preziosa per i credenti di oggi nella sfida di co­municare la verità anche nel mondo dei media di­gitali. Ne è convinto monsignor Claudio Giulio­dori, vescovo di Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia, presidente della Commissione epi­scopale Cei per la cultura e le comunicazioni so­ciali, che commenta il tema scelto dal Papa per la 46ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali che si celebra oggi.

Nel suo messaggio, dal titolo «Silenzio e Parola, cammino di evangelizzazione», Benedetto XVI le­ga assieme la comunicazione con la capacità di a­mare. Perché?

Il silenzio, come suggerisce il Papa nel suo mes­saggio, non costituisce l’antitesi della parola ma è piuttosto un alveo all’interno del quale la parola trae significato e valore. Questo ci dice che il si­lenzio ha uno stretto rapporto con il mistero profondo dell’essere umano; esso è come il respi­ro di Dio perché nel silenzio noi percepiamo la vi­ta profonda del nostro essere che ha la sua radice in Dio. Questo ci spiega il nesso con l’amore: leg­gendo l’evangelista Giovanni capiamo che il dia­logo d’amore di Dio, il Verbo, si è manifestato nel­la persona di Gesù. Nel silenzio risuona Dio e quin­di risuona il senso dell’essere umano. Gesù stesso ci dà testimonianza di come il silenzio sia la fonte principale del vivere perché quando le folle lo cer­cano lui si ritira in silenzio in preghiera e il mo­mento culminante è certamente il Getsemani lad­dove si raccoglie in silenzio in profondo dialogo con il Padre. Il Sabato Santo, poi, è il giorno del grande silenzio ma è anche il giorno in cui risuo­na la parola di salvezza per tutta l’umanità di ogni tempo.

Il Papa parla di un «ecosistema» della comunica­zione. La Chiesa come contribuisce alla sua crea­zione?
La Chiesa ha da sempre cercato di costruire una sintesi tra parola, silenzio, suoni, immagini e le percezioni dei sensi; lo fa in modo particolare con la liturgia, che è il luogo dove parole e silenzio si rincorrono per dare visibilità alla presenza e all’o­pera di Dio nella storia. Da questo «ecosistema» armonioso tutto viene illuminato: le relazioni fa­miliari, le relazioni sociali, i media. La Chiesa, at­traverso la formazione, l’accompagnamento spi­rituale, la cura della liturgia, può contribuire ad aiutare l’uomo contemporaneo a ricostruire e a crescere in questo ecosistema. E questo può avve­nire anche nel mondo dei media digitali. Non è un caso che la rete registri la presenza di un’infinità di siti cattolici ma oltre ai siti tipicamente cattolici ci sono tanti cattolici che abitano la rete da cittadi­ni: questi nuovi abitanti digitali anche illuminati dalla forza della fede possono far crescere positi­vamente la rete.

Come intercettare le domande di senso nel mon­do dei nuovi media?
La rete è certamente la nuova agorà, il nuovo cor­tile dei gentili. I nuovi media non sono più stru­menti ma ambienti da abitare nei quali sviluppa­re quel dialogo fecondo tra le tante domande di senso e la capacità che la Chiesa ha di offrire ri­sposte o di suscitare quesiti.

Il Papa «promuove» i messaggi brevi delle reti so­ciali, perché?
Alle volte si pensa che per la sinteticità che im­pongono al dialogo, i social network non siano a­deguati alla trasmissione della fede o alla rifles­sione sui grandi temi. In realtà nel suo parlare Ge­sù usava spesso espressioni sintetiche, che sem­brano «a misura di sms» Poi la Chiesa ha sintetiz­zato i contenuti di fede nel Credo e non c’è nulla più del credo che appartenga a questo linguaggio di sintesi e di verità profonda. Nel mondo digita­le, quindi la Chiesa non deve sentirsi a disagio, an­zi credo che oggi abbiamo la possibilità di ripren­dere in mano strumenti preziosi ancora attuali co­me quelli offerti dal Concilio Vaticano II, dal Cate­chismo, per continuare a intercettare quelle do­mande che rimbalzano anche attraverso la rete of­frendo risposte semplici ed essenziali, sollecitan­do riflessioni e andando oltre la superficie. Un com­pito che coinvolge in particolare gli animatori del­la comunicazione e della cultura e che nell’Anno della fede avrà di sicuro un contesto privilegiato.