Nel suo messaggio, dal titolo «Silenzio e Parola, cammino di evangelizzazione», Benedetto XVI lega assieme la comunicazione con la capacità di amare. Perché?
Il Papa parla di un «ecosistema» della comunicazione. La Chiesa come contribuisce alla sua creazione?
La Chiesa ha da sempre cercato di costruire una sintesi tra parola, silenzio, suoni, immagini e le percezioni dei sensi; lo fa in modo particolare con la liturgia, che è il luogo dove parole e silenzio si rincorrono per dare visibilità alla presenza e all’opera di Dio nella storia. Da questo «ecosistema» armonioso tutto viene illuminato: le relazioni familiari, le relazioni sociali, i media. La Chiesa, attraverso la formazione, l’accompagnamento spirituale, la cura della liturgia, può contribuire ad aiutare l’uomo contemporaneo a ricostruire e a crescere in questo ecosistema. E questo può avvenire anche nel mondo dei media digitali. Non è un caso che la rete registri la presenza di un’infinità di siti cattolici ma oltre ai siti tipicamente cattolici ci sono tanti cattolici che abitano la rete da cittadini: questi nuovi abitanti digitali anche illuminati dalla forza della fede possono far crescere positivamente la rete.
Come intercettare le domande di senso nel mondo dei nuovi media?
La rete è certamente la nuova agorà, il nuovo cortile dei gentili. I nuovi media non sono più strumenti ma ambienti da abitare nei quali sviluppare quel dialogo fecondo tra le tante domande di senso e la capacità che la Chiesa ha di offrire risposte o di suscitare quesiti.
Il Papa «promuove» i messaggi brevi delle reti sociali, perché?
Alle volte si pensa che per la sinteticità che impongono al dialogo, i social network non siano adeguati alla trasmissione della fede o alla riflessione sui grandi temi. In realtà nel suo parlare Gesù usava spesso espressioni sintetiche, che sembrano «a misura di sms» Poi la Chiesa ha sintetizzato i contenuti di fede nel Credo e non c’è nulla più del credo che appartenga a questo linguaggio di sintesi e di verità profonda. Nel mondo digitale, quindi la Chiesa non deve sentirsi a disagio, anzi credo che oggi abbiamo la possibilità di riprendere in mano strumenti preziosi ancora attuali come quelli offerti dal Concilio Vaticano II, dal Catechismo, per continuare a intercettare quelle domande che rimbalzano anche attraverso la rete offrendo risposte semplici ed essenziali, sollecitando riflessioni e andando oltre la superficie. Un compito che coinvolge in particolare gli animatori della comunicazione e della cultura e che nell’Anno della fede avrà di sicuro un contesto privilegiato.