Nell’ambito del giornalismo nostrano, l’informazione riguardante il Sud del Mondo lascia molto a desiderare. Ecco che allora anche le notizie riguardanti le guerre che si combattono in Africa rimangono nel dimenticatoio, tranne alcune lodevoli eccezioni legate in gran parte alla stampa cattolica.
D’altronde oggi, come rileva il filosofo francese Gilles Lipovetsky, "il ruolo importante svolto dall'informazione nel processo di socializzazione non può essere scisso dal suo registro spettacolare e superficiale”. In questa logica, fatti di cronaca nera e cronaca rosa - peraltro non sempre significativi rispetto a presunte evoluzioni o involuzioni sociali - intasano per settimane notiziari e spazi di approfondimento delle reti nazionali, pubbliche o commerciali che siano. Tutto questo proprio mentre nelle stesse ore si ignorano bombardamenti a tappeto sui campi profughi in qualche angolo remoto del continente africano. Per non parlare di quando scoppiano le grandi crisi internazionali come quella afgana o quella irachena. Pare che la guerra si combatta solo a Kabul e dintorni o tra il Tigri e l’Eufrate: Congo, Somalia, Sudan… finiscono puntualmente nel dimenticatoio. Non solo. La denuncia è relegata nello spazio della satira televisiva al punto che per illudersi di stigmatizzare l'ingiustizia nel Darfur, si finisce con il far ricorso a “Le Iene” (Italia Uno). Un programma che comunque, tra una risata e l’altra, ha il merito in alcune circostanze di raccontare storie inedite.
Una cosa è certa: il mondo dell’informazione va evangelizzato sollevando la questione etica. E sì perché non è possibile che si parli delle violenze che hanno afflitto nelle settimane scorse il Kenya solo ed unicamente in funzione dei nostri connazionali i quali erano da quelle parti durante le vacanze natalizie. “Non temo la violenza dei malvagi quanto il silenzio degli onesti” diceva saggiamente Martin Luther King.
di padre Giulio Albanese