UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Media e minori, l'ipocrisia dei controlli

Chi controlla oggi quello che i media offrono ai minori? Di fatto nessuno. In tv il rispetto dei codici di comportamento è affidato alle stessi emittenti. Per internet il compito è dei provider. E per i videogiochi ci dovrebbero pensare proprio i produttori, Insomma, controllati e controllori coincidono. Se si aggiunge che le sanzioni arrivano dopo anni e con importi più che altro simbolici, si comprende l’allarme lanciato ieri dal Consiglio nazionale degli utenti (Cnu).
29 Ottobre 2008

Chi controlla oggi quello che i media offrono ai minori? Di fatto nessuno. In tv il rispetto dei codici di comportamento è affidato alle stessi emittenti. Per internet il compito è dei provider. E per i videogiochi ci dovrebbero pensare proprio i produttori, Insomma, controllati e controllori coincidono. Se si aggiunge che le sanzioni arrivano dopo anni e con importi più che altro simbolici, si comprende l’allarme lanciato ieri dal Consiglio nazionale degli utenti (Cnu). È ormai inderogabile la creazione di un sistema di regolamentazione efficace, con arbitri imparziali e sanzioni reali, per difendere davvero i minori dalle aggressioni che arrivano da televisione, internet, telefonia e videogiochi. La richiesta arriva al convegno su «Videogiochi e minori, per una tutela più efficace», organizzato dal Cnu a Palazzo San Macuto che ha visto confrontarsi esperti e istituzioni. Che i minori abbiano un rapporto speciale con i mezzi di comunicazione elettronica è un dato di fatto: solo i videogiochi muovono un business mondiale da 24 miliardi di euro nel 2007 e in Italia il 56% dei bambini sotto i 14 anni ha una consolle, cui dedica il 26% del tempo libero. Servono regole vere. Luca Borgomeo, presidente del Consiglio nazionale degli utenti, racconta di uno stato delle cose sconsolante: «Giudicati e giudicanti – dice – oggi sono lo stesso soggetto. Non deve più accadere. Oggi gli attuali codici non sono verificati da un ente terzo. La nostra critica non è ai codici, ma a come vengono applicati». Altra nota dolente sono le sanzioni: «I comportamenti nocivi per i minori, quando rilevati, vengono sanzionati in modo irrilevante». Un esempio su tutti: «Nel 2001 – ricorda Borgomeo – il Tg1 delle 20 mandò un servizio sui pedofili con scene esplicite.
Dopo ben sette anni e diversi ricorsi della Rai, l’emittente pubblica ha pagato 10 mila euro. Una somma che non crea nessuna deterrenza. Come multare di un euro a chi passa col rosso». La proposta del Cnu quindi è di «unificare i codici e le autorità»: «Serve un solo organismo agile – dice il presidente – composto, ad esempio, da quindici membri: cinque rappresentanti delle istituzioni, cinque degli utenti e cinque dei produttori e gestori. Basta con i comitati sovradimensionati e sostenuti economicamente dalle emittenti, dai provider, dai gestori. Come possono essere indipendenti?». I fondi, sostiene il Cnu, devono arrivare «dalle sanzioni e in percentuale minima dei bilanci delle società controllate».
Concorda con l’esigenza di semplificazione la presidente della Commissione parlamentare per l’infanzia Alessandra Mussolini: «Non servono nuove leggi, perché ce ne sono troppe, ma sanzioni con strumenti ferrei: siamo in emergenza e il sistema fa acqua». Mussolini annuncia l’avvìo di un’indagine conoscitiva su media e minori, con le audizioni del sottosegretario alle Comunicazioni Paolo Romani e del presidente dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni Corrado Calabrò. A seguire anche cantanti e rapper italiani «che inneggiano alla 'maria', in gergo la marijuana». E critica anche lo «spacchettamento dell’infanzia e dell’adolescenza» a livello di responsabilità ministeriali: «Se ne occupano due ministri e tre sottosegretari e si fatica a capire chi è l’interlocutore». Concorda anche il commissario dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni Gianluigi Magri: «Negli Usa gli adolescenti passano un terzo della giornata al computer, ascoltando l’Ipod o col cellulare. Rischiamo di avere una generazione di adulti problematici. Siamo in piena emergenza sociale».