UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Milano: Centri che invitano a riflettere

«Nell’arcidiocesi di Milano si contano attualmente circa 300 Centri culturali cattolici. Il 50% si trova all’interno del capoluogo, gli altri operano fuori dalla città». Ad aggiornare le presenze di queste realtà preziose nella Chiesa ambrosiana è monsignor Giovanni Balconi, responsabile del Servizio per il coordinamento dei Centri culturali cattolici della Lombardia.
4 Dicembre 2012
«Nell’arcidiocesi di Milano si contano attualmente circa 300 Centri culturali cattolici. Il 50% si trova all’interno del capoluogo, gli altri operano fuori dalla città». Ad aggiornare le presenze di queste realtà preziose nella Chiesa ambrosiana è monsignor Giovanni Balconi, responsabile del Servizio per il coordinamento dei Centri culturali cattolici della Lombardia. È una presenza che cresce. «L’ultima iniziativa – spiega Balconi – ha visto la luce la scorsa settimana. Si chiama 'il Mosaico', è una proposta accompagnata anche da una pubblicazione ed è nata con l’obiettivo di fare rete con le altre strutture della zona». A sottolineare il ruolo strategico che questi luoghi giocano all’interno di una parrocchia è anche monsignor Luca Bressan, vicario episcopale per la cultura, la carità, la missione e l’azione sociale della diocesi di Milano.

Monsignor Bressan, perché è così importante la presenza di un Centro culturale in una comunità parrocchiale?
Creare un Centro culturale in ogni parrocchia è un progetto quasi impossibile da realizzare. Ma la presenza sul territorio di queste strutture è fondamentale perché sostiene la dimensione pubblica della fede e favorisce il confronto all’interno della società sulle grandi questioni. Penso, ad esempio, alla difesa della vita, dal concepimento alla sua naturale conclusione.

 
Spesso quando si parla di Centri culturali si pensa a qualcosa di teorico o astratto. Quali caratteristiche devono avere questi spazi?
Da una parte è essenziale il saper parlare i diversi linguaggi della cultura contemporanea: dall’arte alla pubblicità, fino a quelli dei nuovi media. Poi questi luoghi devono essere capaci di interrogare su vari temi, come quello dell’immigrazione, e chiedersi com’è possibile preservare un’identità italiana che abbia nel suo dna il cristianesimo.

Quali figure vanno coinvolte in questi progetti?
Bisogna mettere al centro i catechisti che, insieme con i gruppi di pastorale giovanile, devono essere protagonisti della sfida. Allo stesso tempo occorre interrogarsi sulle capacità che ha il tessuto sociale di produrre cultura, coinvolgendo anche il mondo della scuola. Insomma, queste iniziative chiamano in causa tutti coloro che, in nome della ricerca della verità, hanno il coraggio di confrontarsi con l’altro e riconoscere le reciproche identità.

In quale direzione bisogna lavorare per far crescere ulteriormente queste realtà?
Serve più investimento e la consapevolezza che la cultura è un ambito da abitare insieme. Oggi i Centri culturali rappresentano da una parte un valore aggiunto, visto che svolgono un compito di formazione che in passato era una delle tante attività che venivano proposte negli oratori. Ma, allo stesso tempo, sono anche tesori ancora da valorizzare perché, purtroppo, vengono considerati una sorta di nicchia per le élite mentre in realtà si tratta di luoghi nati per stimolare tutti.