UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Milano: non tacere il male, guardare il bene

I direttori Calabresi (La Stampa), Mentana (Tg La 7), Sciortino (Famiglia Cristiana) e Tarquinio (Avvenire) e la free lance multimediale Pelizzoni a tutto campo con l’arcivescovo Tettamanzi per la festa di San Francesco di Sales.
31 Gennaio 2011
Il giornalismo. Cioè (o do­vrebbe essere) «un racconto intelligente della vita reale delle persone». Cioè (o è stato un tempo) quando da una profes­sione abbracciata per «passione personale» si fa scaturire «il be­nessere collettivo». E invece, do­po averne dato queste definizio­ni ideali, la domanda posta ieri dal cardinale Dionigi Tettaman­zi è stata: «Giornali e tv contri­buiscono davvero a costruire l’o­pinione pubblica quando si la­sciano contagiare dal clima av­velenato di una politica che di­mentica i bisogni reali delle perso­ne?». Nell’incontro mi­lanese con i gior­nalisti in occasio­ne della festa di San Francesco di Sales, l’arcivesco­vo, sulla «respon­sabilità » dei co­municatori, ha a­vuto come inter­locutori direttori di testate na­zionali che hanno, essi per pri­mi, ammesso che «la credibilità» è il primo problema che oggi de­vono affrontare i professionisti dell’informazione.
«Autocritiche» sulla professione sono arrivate da Enrico Mentana, direttore del Tg La7 («L’infor­mazione è corrotta dalla fazio­sità. Dopo i giorni delle notizie urlate, ritroveremo la capacità di raccontare?»), da Mario Calabre­si, direttore della Stampa ( «Biso­gna recuperare il senso delle pro­porzioni, del contesto, saper ri­nunciare a informazioni inutili e scegliere cosa vale la pena pub­blicare e cosa non serve»), dal di­rettore di Avvenire, Marco Tar­quinio («Informare è dare spazio a quello che è davvero impor­tante per la vita delle persone, a­prendo gli occhi davvero, cioè senza tenerli fissi solo sul “Pa­lazzo” e guardando i problemi dagli altri punti di vista»), e da don Antonio Sciortino, direttore di Famiglia cristiana («L’infor­mazione conosce ormai solo le regole del “dossieraggio”: prima le opinioni, poi i fatti, e non im­porta se siano veri»).
Il dialogo a più voci ha legato fra loro i fatti di attualità degli ulti­mi tempi, dallo scandalo Ruby, al trattamento mediatico del de­litto di Avetrana. Ha esaminato, con le suggestioni offerte dagli allievi delle scuole di giornalismo e da una giovane free-lance di formazione multimediale, Chia­ra Pelizzoni, le sfide alla luce dei nuovi mezzi di comunicazione. La cornice dell’incontro, lo stori­co Istituto dei ciechi di Milano, ha offerto uno spunto di rifles­sione sulla moltiplicazione degli “occhi”, degli obiettivi, dei riflet­tori: con parole di Eugenio Mon­tale, si è arrivati alla conclusione che «fummo ciechi», ma «molti­plicando gli occhi siamo rimasti al buio».
Vecchi e nuovi, i media, per Tet­tamanzi, «presentano un Paese che sembra preda di un litigio i­sterico permanente». Si assiste «all’eccessiva esibizione del pri­vato in pubblico», come quando, ad Avetrana, si è andati «oltre il reality», o come quando «si riem­piono gli occhi di banalità e me­diocrità ». Riguardo alle cronache politiche di oggi, «nessuno chie­de di tacere fatti o indagini che ri­guardano quanti sono chiamati ad animare e a gui­dare il Paese e dai quali tutti atten­dono esemplarità, nel pubblico e nel privato – ha detto il cardinale –. Ma i problemi veri del nostro Paese non sono certo quan­to da mesi leggia­mo nelle cronache politiche».
Da dove ripartire? «Ci sono mo­delli alternativi di vita da rac­contare – per il vescovo –. Ci so­no persone e comunità che at­tendono di essere narrate perché hanno intuizioni, progettano, studiano, lavorano, conseguono successi». Il giornalista, «cattoli­co o laico», «testimonia la verità se non ostacola ma permette al­le persone di accedere alla verità complessiva, più grande». Se fa il suo mestiere «con passione». «Siamo in una situazione di cri­si – ha concluso Tettamanzi –: as­sumiamoci il compito di fare qualcosa per uscirne, visto che in troppi stanno abdicando a questo dovere morale».