UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Milano, raccontare “mettendoci la faccia”

Fra evangelizza­zione e lavoro giornalisti­co c’è distinzione ma non separazione, ha sottoli­neato il cardinale Scola davan­ti agli oltre 250 operatori dei media che gremivano la sala dove si è svolto il Dialogo sul giornalismo col di­rettore de Il Sole 24 Ore Roberto Napole­tano.
30 Gennaio 2012
Il giornalismo «ha due nemici. Il pri­mo è la falsa oggettività. È importan­te come si pone il giornalista quando narra il fatto di cronaca, se dichiara il suo pre-giudizio sulle cose. Il pre-giudizio è i­nevitabile; dunque dichiararlo è condi­zione di rispetto nei confronti delle per­sone e dei fatti». Il secondo nemico? «Scambiare la verosimiglianza con la ve­rità ». Parola di Angelo Scola, cardinale ar­civescovo di Milano. Che ha aperto il suo cuore ai giornalisti incontrandoli ieri, per la festa del loro patrono, san Francesco di Sales, in un luogo simbolo della città, l’Istituto dei Ciechi.
Cuore di comunicatore, quello di Scola. E d’al­tronde: fra evangelizza­zione e lavoro giornalisti­co c’è distinzione ma non separazione, ha sottoli­neato il porporato davan­ti agli oltre 250 operatori dei media che gremivano la sala dove si è svolto il Dialogo sul giornalismo col di­rettore de Il Sole 24 Ore Roberto Napole­tano. E se è vero che in Cristo ogni di­mensione dell’umano (come gli affetti, il lavoro, la festa: i temi, per inciso, del pros­simo Incontro mondiale delle famiglie, che si terrà a Milano) trovano luce, acco­glienza, cura, non è meno vero che il buon giornalismo «parte dall’attualità» ma non si ferma lì: deve «saper dare spazio all’at­tualità permanente» che è realtà «costi­tutiva » del «quotidiano elementare d’o­gni uomo e ogni donna». Nella scelta e nell’interpretazione della notizia si deve percepire che «c’è un oltre e un prima ri­spetto all’avvenimento».
Metterci la faccia. Esporsi. Cercare la ve­rità. «Occorre che ogni soggetto – scandi­sce Scola – dica le sue ragioni nel dibatti­to pubblico soprattutto sulle questioni de­cisive come l’amore, le differenze sessua­li, la famiglia, la vita, la morte, perché so­no questioni che ci bruciano addosso tut­ti i giorni». L’orizzonte è quello di una so­cietà plurale dove la sfida è il «riconosci­mento reciproco» nella reciproca narra­zione, per costruire quel «compromesso nobile» che il fatto stesso di vivere insie­me esige. Perciò: chi crede nella dignità e inviolabilità della vita, nel matrimonio co­me unione fra un uomo e una donna a­perta alla vita, mai rinunci a portare que­ste convinzioni nel dibattito pubblico. Al­trimenti, tira le somme Scola, la società civile sarà più povera.
Napoletano aveva aperto il «dialogo» parlando del­la crisi, non solo econo­mica, che attanaglia il no­stro Paese, e incalzando Scola sulle priorità e le e­mergenze (dal futuro dei giovani ai 50enni espulsi dal mercato del lavoro). L’arcivescovo, dal canto suo, ha voluto chiarire il ruolo della Chiesa in que­sto tempo di travaglio: testimoniare quel­la «speranza affidabile» che è «speranza personale e sociale», sorgente di fiducia anche per l’economia o la politica; testi­moniare la «convenienza» della visione cristiana per l’uomo del nostro tempo. Chi governa, ha sottolineato Scola, abbia la forza di cambiamenti coraggiosi per i gio­vani. Sulla scuola: le istituzioni sappiano governare, senza la pretesa di gestire ogni cosa, aprendo spazi reali alla libertà di e­ducare. Sul rapporto tra i media e il ruolo del vescovo, ha attinto all’ultimo, recen­tissimo libro del cardinale Carlo Maria Martini. E ha chiesto ai giornalisti, col sor­riso sulle labbra, di non essere sempre e sistematicamente identificato con Cl, mo­vimento nel quale ha militato ed è cre­sciuto, e di non essere trattato come se si portasse addosso «non uno, ma due pec­cati originali».