UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Minori allo sbaraglio di fronte ai media

Riportano le cronache la vicenda di un dodicenne della provincia di Reggio Emilia che da giorni ha perso l'appetito, dorme male, vive nella paura della morte. Cosa è successo a questo ragazzino che, data la sua età, dovrebbe naturalmente vivere un'esistenza più spensierata e gioiosa, invece di trovarsi immerso nell'ansia quotidiana?
24 Marzo 2009

Riportano le cronache la vicenda di un dodicenne della provincia di Reggio Emilia che da giorni ha perso l'appetito, dorme male, vive nella paura della morte. Cosa è successo a questo ragazzino che, data la sua età, dovrebbe naturalmente vivere un'esistenza più spensierata e gioiosa, invece di trovarsi immerso nell'ansia quotidiana? Presto detto: navigando su internet si è imbattuto in un sito che calcola la presunta data di decesso di una persona. Niente maghi nè fattucchiere, soltanto un calcolo statistico di quanto le condizioni di salute e le abitudini di vita (peso, età, malattie ereditarie in famiglia, ipertensione, attività fisica, abitudini alimentari, fumo, alcol...) possono contribuire ad abbassare l'aspettativa di vita rispetto alla media. L'interessato ha compilato la scheda, ottenendo il responso: la data della sua presunta morte è un giorno del 2076. Dato che, a quanto pare, il sito in questione fornisce a richiesta anche una sorta di conto alla rovescia verso l'epilogo, la suggestione della scoperta è stata tale che il dodicenne non riesce a pensare ad altro. Probabilmente nelle intenzioni degli ideatori del test si tratta di un modo come un altro per applicare le leggi della probabilità a un argomento che, in fondo, interessa tutti. Ma da qui a ritenere che il calcolo della presunta data abbia anche la minima attendibilità ce ne corre. Il problema non è tanto la proposta di contenuti che il sito offre. Internet, si sa, è ancora un far west mediatico, in cui si può trovare, più o meno volontariamente, tutto e il contrario di tutto, comprese le immagini e i contenuti più deleteri per il normale sviluppo psicofisico di una persona (anche adulta). E' un problema di "Media Education": bisogna intervenire sugli utenti del mezzo e sui destinatari della comunicazione in generale per educarli a utilizzare ciascuno strumento nella maniera più proficua, distinguendo in particolare l'offerta secondo i parametri dell'utilità, della veridicità e dell'attendibilità. Un altro caso, più grave e drammatico, ha suscitato scalpore. "Matrix" (Canale 5), il talk show informativo di seconda serata passato dalle mani di Enrico Mentana a quelle di Alessio Vinci, ha mandato in onda il filmato in cui Erika - la ragazza di Novi Ligure che nel 2001 uccise la madre e il fratello, insieme all'amico Omar - raccontava agli inquirenti la sua mendace versione dei fatti. La ragazza, minorenne all'epoca del delitto, è stata ripresa subito dopo il fattaccio mentre raccontava come presunti albanesi entrati in casa su avessero assassinato i suoi familiari e lei fosse riuscita a scampare la tragedia. Oggi sappiamo che invece i due assassini erano proprio lei e il suo giovane amico. Per questo, l'effetto choc della testimonianza in viva voce è stato dirompente. E per questo la scelta di "Matrix" di mandare in onda il filmato è apparsa eccessiva e azzardata. Il conduttore ha spiegato agli spettatori che da tempo gli autori del programma si stavano adoperando per ottenere quelle immagini, finora rimaste soltanto negli archivi giudiziari e la messa in onda è stata giustificata con il fatto che esse sono agli atti di un processo ormai concluso, quindi pubblicabili senza il rischio di alcuna violazione del diritto. Già, ma gli obblighi dei giornalisti e degli operatori dell'informazione sanciscono ben altre regole: perseguire l'essenzialità dell'informazione, non far leva sull'emotività, raccontare soltanto ciò che è utile per fornire al pubblico una chiave di lettura e di interpretazione dei fatti, non indugiare su dettagli morbosi o raccapriccianti... tutte strategie narrative che, invece, vengono puntualmente messe in atto a dispetto di quel minimo di buon senso che spesso sarebbe più che sufficiente a sconsigliarle. E' fuori luogo definire "pornografia delle emozioni" questo modo di fare (pseudo) informazione?

Marco Deriu