E' intervenuto anche mons. Pompili venerdì mattina nella Sala degli Arazzi del Collegio Alberoni di Piacenza al convegno nazionale della Federazione Italiana dei Settimanali Cattolici dedicato a "Fare l'Europa. Le radici e il futuro", dopo che ad aprire i lavori della seconda giornata era stato mons. Gianni Ambrosio, vescovo di Piacenza-Bobbio e delegato della Cei alla Comece (Commissione degli episcopati della Comunità europea).
“Anche se è vero che la nostra generazione patisce” la cosiddetta “rottura della memoria”, ha detto il Direttore dell'Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali, “cioè l’incapacità di ricevere quell’eredità di fede e di cultura che per secoli ha contrassegnato la nostra gente, a me pare che questo sia solo un aspetto della crisi dell’Europa di oggi”. Infatti, ha aggiunto mons. Pompili, “c’è un’altra dimensione collaterale che merita di essere rimarcata e cioè la rottura dell’immaginazione, cioè l’incapacità di spingersi oltre il presente e di immaginare il futuro che è dietro l’angolo”.
Alla terza giornata, dedicata alla figura di San Colombano, hanno collaborato invece il comune e il Lions Club di Bobbio, il settimanale cattolico "La Trebbia" e l'Associazione Amici di San Colombano.
"Per molti oggi l’Europa è solo un’istituzione lontana", spiega don Davide Maloberti, direttore de "Il nuovo giornale". "In realtà è l’orizzonte in cui si muoverà sempre
più l’Italia nel futuro. Le elezioni europee del 2009 non hanno però visto nel nostro Paese un vero confronto tra i diversi programmi, ma solo una competizione interna. A governare l’Europa non serve un popolo di burocrati; soffocherebbero il destino delle nazioni sotto il peso di leggi che vengono dall’alto. Occorre che i popoli ritrovino se stessi riscoprendo le proprie radici, ma non per rifugiarsi nel passato. La strada è chiara: guardare al futuro, in una laicità che non sia antireligiosa, ma che faccia leva sui pilastri fondamentali: la pace, la vita e la famiglia. Senza fede, l’Europa muore: è questo il grido appassionato di chi ama la propria terra. Ed anche di giornalisti che si interrogano sulla bellezza del proprio lavoro, chiamati ogni giorno a costruire e non a distruggere. La nostra scelta è questa: fare l’Europa."