UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Mons. Viganò: “Imparare l’ascolto”

Il Sir anticipa un intervento del Prefetto della Segreteria per la Comunicazione su “L’ascolto nelle dinamiche comunicative nella Chiesa”.
6 Aprile 2017

“Non una strategia di consenso o puramente consultiva, attivata per raccogliere il parere di qualcuno su determinati argomenti”, ma “una scelta pastorale, una modalità relazionale che coinvolge le persone, le include nel processo che porta a decisioni importanti per la vita della Chiesa e delle singole comunità cristiane”. È questo “l’ascolto di cui parla continuamente Papa Francesco”. Lo spiega mons. Dario Edoardo Viganò, prefetto della Segreteria per la Comunicazione (SpC), nel suo intervento - anticipato al Sir - a un seminario organizzato il 6 aprile all'Istituto universitario Sophia di Loppiano dal Centro Evangelii gaudium, in collaborazione con la Rete europea risorse umane. Tema dell’incontro: “L’ascolto nelle dinamiche comunicative nella Chiesa di Papa Francesco”. “L’ascolto di cui parla Papa Francesco - chiarisce Viganò - non mira ad avere delle consulenze, pur autorevoli, ma a rendere le persone partecipi e corresponsabili in ordine a valutazioni che toccano in profondità la vita vera delle persone, anche negli aspetti più faticosi e dolorosi, in cui avvertono il bisogno di comprensione, tenerezza e misericordia. Infatti, l’ascolto è il primo atto della fede. Tutto questo porta a interrogarci sugli spazi e le modalità dedicati all'ascolto, fino a mettere fortemente in discussione soprattutto il nostro modo di condurre incontri, riunioni e relazioni in cui spesso, più che ascoltarci, ‘ci si parla addosso’”. Da qui l’invito a “quel rinnovamento” sostenuto e voluto da Papa Francesco e che “ha nel tema dell’ascolto una delle strutture portanti”.
“Una forma di comunicazione che non ha nulla da spartire con l’attenzione all'altro e con la comprensione reciproca, eppure gode sempre di ottima salute”.

Mons. Viganò classifica poi “il pettegolezzo”, un “vezzo” diffuso “anche in ambito ecclesiastico”. Nel suo intervento spiega che “il pettegolezzo non avrebbe alcuna efficacia se non accettassimo di esserne un po’ tutti coinvolti. Questo, infatti, si diffonde in maniera pervasiva solo volontariamente e sulla base di un interesse proprio. È la forma tipica di pratica virale di tipo reticolare, per cui, assai prima dell’avvento della rete web, il pettegolezzo può essere usato in chiave strategica per rinegoziare legami sociali. Può, dunque, avere a che fare con logiche politiche ed ecclesiastiche”. In questo orizzonte, puntualizza il prefetto della SpC, “Papa Francesco ci invita a usare un linguaggio positivo, che non insiste tanto su quello che non si deve fare, ma va alla ricerca per proporre quello che si può fare meglio. Se ci sono degli aspetti negativi da denunciare, facciamoli seguire da prospettive positive d’impegno, per non diventare dei professionisti del lamento e della nostalgia, specializzati in rimproveri ed esperti di negatività. Se ascoltiamo le persone saremo in grado di capire le loro necessità”. Da qui la necessità di “imparare l’ascolto da persona a persona, come avviene nelle famiglie, affinché la vita di ciascuno sia condivisa da tutti e le scelte siano frutto della comunione e del cammino fatto insieme”.