UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Napoli, capitale dei preti on line

Il 20% dei sacerdoti diocesani e dei religiosi e addirittura il 59,7% dei seminaristi ha un profilo su Facebook. Facendo un’analisi territoriale, è il Sud che appare come l’universo maggiormente digitalizzato ed è Napoli ad avere più sacerdoti diocesani sui social network. Il Sir ne ha parlato con don Vincenzo Doriano De Luca, incaricato regionale per le comunicazioni sociali della Campania. 
20 Marzo 2012
Il 20% dei sacerdoti diocesani e dei religiosi e addirittura il 59,7% dei seminaristi ha un profilo su Facebook. Sono alcuni dati della ricerca “Churchbook. La presenza dei consacrati nel social network: presenza e usi”, voluta dall’associazione dei webmaster cattolici italiani (Weca - www.webcattolici.it), che testimonia una presenza massiccia dei consacrati nel web. Facendo un’analisi territoriale, è il Sud che appare come l’universo maggiormente digitalizzato rispetto al Nord. Ed è Napoli ad avere più sacerdoti diocesani su Facebook. Con don Vincenzo Doriano De Luca, incaricato regionale per le comunicazioni sociali della Conferenza episcopale campana, vicedirettore del settimanale diocesano di Napoli “Nuova Stagione” e parroco all’Immacolata Concezione a Capodichino, riflettiamo su questi dati.

Su Facebook c’è una maggiore presenza dei sacerdoti delle diocesi del Mezzogiorno: come interpreta questo dato?
“Nelle diocesi del Sud c’è una maggiore sensibilizzazione su queste tematiche, portate avanti anche dalle Conferenze episcopali locali, che stanno investendo molto nel lavoro delle comunicazioni sociali. Questo favorisce una maggiore partecipazione e presenza dei sacerdoti e dei laici impegnati in questo settore”.

È proprio la diocesi di Napoli quella che ha più sacerdoti con profili su Facebook...
“Oltre i sacerdoti e i seminaristi, anche il nostro Seminario è presente con una pagina propria. Tutto ciò è stato incoraggiato dalla scelta del card. Crescenzio Sepe di aprire, da pioniere, un profilo su Facebook nel 2008. La diocesi considera Facebook e gli altri social network un campo di evangelizzazione, una terra nuova e inesplorata, dove le persone vanno, sostano, in qualche modo ‘vi abitano’, talvolta in maniera virtuale, talvolta in maniera reale, talvolta mascherandosi. Ma anche la maschera e il nascondimento sono espressione dell’incapacità di comunicare apertamente ciò che c’è nel proprio cuore. Tutto questo fa capire che Internet e Facebook è come la terra di Canaan dove portare la Parola di Dio”.

Lei è presente su Facebook? Ci può raccontare la sua esperienza?
“Sì e la mia presenza su Facebook è di natura tipicamente sacerdotale. Io dico sempre che Facebook è ‘l’altra parrocchia’ che ho. Ho tantissimi amici, sono ‘taggate’ oltre 2.500 persone ed è quasi una piccola parrocchia. Ovviamente non si tratta di persone che conosco tutte. Con loro interagisco come in parrocchia faccio con i miei fedeli: continuamente sono presente in quella pagina con messaggi di evangelizzazione, omelie, catechesi, sia in forma scritta sia in audio. Nei momenti forti intervengo con delle note o quando ci sono stati problemi legati al territorio esprimo le mie opinioni: da lì si anima un dibattito con persone che diversamente non avrebbero mai interagito con un uomo di Chiesa. C’è, poi, un altro aspetto squisitamente sacerdotale che è quello che fa riferimento al dialogo privato, che avviene non in chat ma attraverso la mail personale dove le persone spesso mi fanno domande molto profonde di senso. Domande che non avrebbero mai il coraggio di fare direttamente a un sacerdote, che riguardano l’eutanasia, l’aborto, l’omosessualità. Temi molto delicati dietro i quali spesso si cela un vissuto”.

Si passa mai dal virtuale alla conoscenza reale?
“Dopo aver dato una risposta a queste persone ed esserci inviati messaggi, invito sempre all’incontro personale. Bisogna uscire allo scoperto. Nel 90% dei casi accettano l’invito. L’incontro non è necessariamente legato alla mia persona. Mi è capitato di mandare delle persone da altri sacerdoti più esperti di me su certi temi per i quali ero stato interpellato”.

Facebook, allora, può essere un mezzo forte per l’azione pastorale?
“Il mezzo in sé non serve, conta ciò che metti in quel mezzo e come lo utilizzi. Facebook può essere un mezzo prezioso se lo sai orientare al bene delle persone. Ritorna la questione antropologica: è l’uomo che sta al centro. Questi sono mezzi che ci consentono di arrivare anche a persone generalmente lontane dalla Chiesa”.

Il target dei suoi amici su Facebook qual è?
“È quello della parrocchia, dai giovani fino ai più anziani. Ovviamente dai 18 ai 40 anni la presenza è numericamente maggiore, ma perché è proporzionalmente maggiore la presenza dai 18 ai 40 anni su Facebook. A tutti bisogna rispondere perché l’utilità del mezzo è quando riesci a creare un feedback. Bisogna essere significativamente presenti nella vita della gente, come in parrocchia”.

Il fatto che ci siano più seminaristi che sacerdoti su Facebook è legato a una questione di età?
“I ragazzi di oggi sono nativi digitali: la maggiore presenza dei seminaristi si spiega proprio perché sono giovani. Anche la stragrande maggioranza dei preti con profili su Facebook è al di sotto dei 40 anni”.

(a cura di Gigliola Alfaro