Domenica mattina, alla fine delle Messe, mi sono precipitato in edicola per prendere la copia di
Avvenire. Abitualmente leggo il giornale dal tablet, ma stavolta c’era una novità che non dovevo perdermi: il nuovo Lazio7. Ho vissuto personalmente il progetto di rinnovamento grafico ed editoriale di questo inserto, e la gioia di avere tra le mani il frutto di un lavoro partito nel 2000 e ripreso tre anni fa, è stata davvero grande. Fu monsignor Domenico Pompili ad avviare, a suo tempo, questo cambiamento, e con lui e don Ivan Maffeis, ora entrambi ai vertici nazionali, sono stati decisi alcuni punti cardine per far decollare un progetto rimasto nel cassetto per troppo tempo. Il primo punto che abbiamo sviluppato è stato quello di strutturare una redazione che coordinasse il lavoro delle diocesi per avere un prodotto che parlasse di più del territorio. Da qui l’inserimento di due pagine di apertura, a carattere regionale, e non più la pagina delle diocesi che a rotazione passava in pole position. Altro punto forza è stato un lavoro di confronto e ascolto delle diocesi interessate al rinnovamento e di quelle che avrebbero potuto entrare, anche se ancora non ancora presenti su Lazio7.
Questo ascolto ha richiesto tempo sia per la ricchezza e la diversità di ciascuna realtà diocesana, sia per la struttura degli uffici e del territorio. Le paure iniziali, dovute a un sistema editoriale sconosciuto di gestione delle pagine, all’idea di doversi vedere frequentemente dovendo aggiungere ulteriori mansioni alle tante che ognuno ha già quotidianamente, sembrava quasi spostare l’ago della bilancia sul «rimaniamo dove siamo». È stato decisivo, in questo, l’apporto di
Avvenire che ha messo a disposizione le proprie risorse, umane ed economiche, per lo start up e per i contatti diretti con i vescovi delle diocesi laziali, facendo vedere come il vecchio Lazio7 non fosse più «comunicativo». L’investimento fatto, quindi, avrebbe portato a uno strumento in grado di parlare alla gente, diventando voce non più solo del «locale », ma con una dimensione «regionale». Questa è stata la carta vincente. Così, dopo due numeri zero, siamo riusciti a partire. La data di avvio, la prima domenica di Avvento, è stata una scelta significativa: tempo di attesa, inizio di un nuovo anno liturgico, proposta per una nuova dimensione per comunicare Cristo incarnato nella storia. Attesa non più di un bambino. Attesa del Risorto che tornerà e ci chiede di annunciare, già oggi, la speranza della sua venuta con segni concreti e parole di vita delle nostre realtà sociali. Personalmente trovo bella anche una coincidenza inaspettata. Da domani anche
Avvenire avrà una nuova veste grafica: sarà segno di una rinascita insieme?
Don Alessandro Paone