«Tutte le parole tradiscono quando non esprimono più la realtà. Il vero guaio è la frattura tra le parole e le cose...». Nell’era della comunicazione (e dei suoi eccessi) diffuso è il bisogno di tornare a parlare un linguaggio univoco e reale, se centinaia di turisti venerdì sera sfidavano pioggia e caldo per ascoltare il patriarca di Venezia, Angelo Scola, ospite a Bibione per la serata clou della III Festa di «Avvenire», tema «Tra Parola e parole».
«Siamo una società che vive un affollamento di voci, un bailamme in cui spesso è difficile comprendersi – ha introdotto la serata don Bruno Cescon, direttore del settimanale diocesano 'Il Popolo' –. L’estate a Bibione è un’esperienza multimediale, che tra musica, teatro, dibattiti e video ridà alla parola il suo peso». Le iniziative infatti continuano per tutto agosto in quella che Ovidio Poletto, vescovo di Concordia- Pordenone, insieme al sindaco Giorgio Vizzon, ha definito «la località balneare a misura di famiglia, attenta a offrire distensione ma anche recupero interiore». Un’operazione che vede il supporto unanime di amministratori locali e categorie di imprenditori.
Parola e significato, dunque. Tema di grande attualità che nei primi dieci minuti è stato efficacemente reso sul palco dai ragazzini di Bibione, reduci da una settimana di scuola di teatro con la compagnia Jobel di Roma: arguta la loro satira sui falsi miti del giorno d’oggi e il trionfo delle apparenze, sulla falsariga del «Piccolo Principe» e della sua morale sempre valida, «l’essenziale è invisibile agli occhi».
Originale poi il percorso dell’intervista a Scola, condotta da don Domenico Pompili, direttore dell’Ufficio nazionale delle Comunicazioni sociali e sottosegretario della Cei, con le domande che scaturivano dal testo di una canzone di Luca Carboni: un itinerario che ha condotto il pubblico lungo termini quali immigrazione e accoglienza, amore e guerra, dolore e coraggio, tutte parole alle quali è necessario restituire il loro significato. «Secondo San Tommaso – ha spiegato Scola – conoscere significa raggiungere la 'res', la cosa, dunque anche i media tradiscono quando non raccontano il reale». Anche di «terra» parla la canzone di Luca Carboni, e il vocabolo ha dato il la per parlare di incontri non sempre facili tra culture diverse: «Ho sdoganato il termine 'meticciato culturale' dopo essere stato in Messico, dove il popolo ha davvero saputo fondere le diverse realtà – ha detto Scola –. Ma da noi l’incontro di mentalità e religioni è un processo tumultuoso avvenuto troppo in fretta». Che fare allora? Riuscire a orientare questo processo, e i soggetti sulla scena sono tre, «le istituzioni, la realtà civile e la Chiesa». A quest’ultima spetta la condivisione immediata, «quando i migranti arrivano sulle navi e sotto i tir, le Caritas si precipitano a dare assistenza»; alle istituzioni tocca «ordinare questo processo e renderlo compatibile con il tessuto locale»; ma è nella realtà civile che si gioca la vera integrazione, «nelle scuole, nell’abitato, nell’associazionismo, che è la vera ricchezza dell’unica famiglia del Padre, l’umanità».
La conversazione ha poi toccato parole come «amore», oggi abusata per dire «tutto e il contrario di tutto, mentre è la capacità di uscita da sé, l’andare oltre ciò che sono». E poi la parola «pane», inteso come il bene che gli uomini si contendono, tema questo che ha condotto alla «Caritas in veritate», l’enciclica sociale di Benedetto XVI: «Un testo poderoso che ha posto all’attenzione del mondo il rapporto tra giustizia e carità letto attraverso la categoria della solidarietà. Il Papa avverte, non può esistere un’economia che garantisca giustizia se la dimensione della fraternità e del gratuito non contribuiscono alla natura stessa del mercato e del profitto». Straordinaria operazione che affronta le domande irrisolte e ci ricorda che «il mercato non è un fatto ineluttabile di natura, che è modificabile».
Infine il mistero del dolore, l’interrogativo più acuto, «che ci accompagna dalla nascita con quel rumore di fondo che è la morte», ha detto il patriarca. Poi, citando Cecile Saunders, l’infermiera che ha fondato gli hospice, «il dolore non ha bisogno di una spiegazione ma di una presenza. Così agisce Gesù, che non ne fa una teoria ma lo condivide e lo assume su di sé morendo sul palo ignominioso della Croce ». La Festa di «Avvenire», dovuta alla passione del parroco don Andrea Vena e di decine di volontari, si è conclusa domenica con la Messa trasmessa in diretta su Raiuno dalla parrocchia di Santa Maria Assunta.