UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

“Non abbiate paura di dar voce a chi non l’ha”

Prima al Dicastero per la comunicazione e poi all'UCSI, le parole di Papa Francesco e il commento di don Maffeis e Corrado.
24 Settembre 2019

La «comunicazione come testimonianza». Ma soprattutto la consapevolezza che con il proprio lavoro d’informazione si può influire sul pensiero degli altri. È il filo rosso che lega le due udienze che papa Francesco ha avuto lunedì 23 settembre, prima con l’assemblea plenaria del Dicastero per la comunicazione e successivamente con una rappresentanza dell’Unione cattolica stampa italiana (Ucsi) che festeggia i 60 anni di fondazione. E la mattinata è iniziata con un fuori programma a cui in alcune occasioni il Papa ci ha abituato. Ai componenti della plenaria del Dicastero per la comunicazione - ricevuti alle 8.45 nella Sala Regia del Palazzo Apostolico - il Papa ha consegnato il discorso già scritto, preferendo, invece, parlare a braccio, spiegando di volerlo fare anche perché «penso che non saranno tanti quelli che si addormenteranno e possiamo comunicare meglio».

L’invito ai professionisti della comunicazione è stato chiaro: «La nostra comunicazione dev'essere testimonianza». Dunque per comunicare qualcosa occorre «sapersi coinvolgere. Si comunica con l’anima e con il corpo; si comunica con la mente, con il cuore, con le mani; si comunica con tutto». Una consapevolezza, quella espressa da Francesco, che deve aiutare a stare lontani da una comunicazione che sia pubblicità o proselitismo. Certo la piena adesione al messaggio che siamo chiamati a trasmettere può, davanti a un mondo «simbolo della mentalità pagana», portare a «una certa rassegnazione. Questo è un ripiegarsi su sé stessi». Al contrario, papa Francesco, ricordando che «non bisogna avere vergogna di essere pochi», invita a «non avere paura», così come non ne hanno avuta i martiri, che «hanno testimoniato con la vita. Sono i nostri martiri, quelli che danno vita alla Chiesa, non i nostri artisti, i nostri grandi predicatori, i nostri custodi della vera e integra dottrina». E dopo il testimoniare con la propria vita, il non rassegnarsi, papa Francesco indica anche un terzo atteggiamento: «Comunicare con la realtà, senza edulcorare con gli aggettivi o con gli avverbi», anche perché «questa cultura dell’aggettivo è entrata nella Chiesa» e così accade che le persone siano considerate non perché persone, ma per l’aggettivo che noi poniamo accanto al loro nome.

Ecco allora che, concludendo il suo discorso a braccio, il Papa sintetizza così il suo pensiero: «Comunicare con la testimonianza, comunicare coinvolgendosi nella comunicazione, comunicare con i sostantivi delle cose, comunicare da martiri, cioè da testimoni di Cristo, da martiri». E concludendo ha invitato i presenti alla lettura e alla riflessione sul testo del discorso già preparato, nel quale sottolinea come «per la Chiesa la comunicazione è una missione» e ringraziando i presenti anche per saper affrontare «il cammino unitario » segnato per i media vaticani, consapevole che «le riforme sono quasi sempre faticose e anche quella dei media vaticani lo è». Ma, scrive ancora il Papa, «la vostra, la nostra forza sta nell’unità, nel-l’essere membra gli uni degli altri, Solo così potremo rispondere sempre meglio alle esigenze della missione della Chiesa».

Missione alla quale partecipano anche i giornalisti aderenti all’Ucsi, l’Unione cattolica stampa italiana, ricevuti ieri a mezzogiorno nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico. Anche ai giornalisti dell’Ucsi il Papa sollecita a «essere voce della coscienza di un giornalismo capace di distinguere il bene dal male, le scelte umane da quelle disumane». Una voce che, aggiunge Francesco, «ha bisogno di parole vere in mezzo a tante parole vuote. E in questo avete una grande responsabilità: le vostre parole raccontano il mondo e lo modellano, i vostri racconti possono generare spazi di libertà o di schiavitù, di responsabilità o di dipendenza dal potere». Testimonianza che si può scontrare con la diversa volontà dell’editore, riconosce lo stesso Pontefice. E poi un forte invito: «Non abbiate paura di rovesciare l’ordine delle notizie, per dar voce a chi non ce l’ha; di raccontare le “buone notizie” che generano amicizia sociale: non di raccontare favole, ma buone notizie reali; di costruire comunità di pensiero e di vita capaci di leggere i segni dei tempi». Nel discorso all’Ucsi, Francesco ha voluto consegnare simbolicamente la figura del primo giornalista laico beato Manuel Lozano Garrido, vissuto durante la Guerra civile spagnola, «quando essere cristiani significava rischiare la vita». «Nel suo “decalogo del giornalista” raccomanda di “pagare con la moneta della franchezza”, di “lavorare il pane dell’informazione pulita con il sale dello stile e il lievito dell’eternità” e di non servire “né pasticceria né piatti piccanti, piuttosto il buon boccone della vita pulita e speranzosa”. Davvero – conclude il Papa – un bell’esempio da seguire».

 

La riflessione di don Ivan Maffeis e Vincenzo Corrado nella newsletter del 25 settembre

 

Le preghiere di don Dell'Orco