UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

“Parabole mediatiche”, dieci anni fa la svolta

Dieci anni fa si teneva a Roma il convegno Cei Parabole mediatiche, autentico spartiacque nel dialogo fra co­munità ecclesiale e mass media. Tre giorni (7-9 novembre) di dibattito e confronto, prima di abbraccia­re Giovanni Paolo II, che invitava ad «essere prota­gonisti dei cambiamenti in atto».
20 Novembre 2012
Un evento che «per la Chiesa italiana ha segna­to la presa di coscienza che esiste un variegato e dina­mico popolo delle comunicazio­ni sociali a servizio dell’evange­lizzazione», lo definisce il vesco­vo di Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia, Claudio Giuliodori, presidente della Commissione episcopale per la cultura e le comunicazioni so­ciali. Un appuntamento di «gran­de entusiasmo che ha sollecita­to a interagire in profondità con un mondo in espansione», spie­ga il direttore dell’Ufficio nazio­nale Cei per la comunicazioni so­ciali, monsignor Domenico Pompili.
Nel novembre di dieci anni fa si teneva a Roma il convegno Cei Parabole mediatiche, autentico spartiacque nel dialogo fra co­munità ecclesiale e mass media. Per tre giorni (7-9 novembre) ap­passionati delle nuove frontiere dei linguaggi e operatori pasto­rali si confrontarono con esper­ti e studiosi, prima di abbraccia­re Giovanni Paolo II e ricevere dal Papa il mandato a «essere prota­gonisti dei cambiamenti in atto». «Per capire il significato di quel­­l’evento, il primo nel suo genere in Italia, – afferma Giuliodori, al­lora alla guida dell’Ufficio nazio­nale per le comunicazioni socia­li e organizzatore del Convegno – bisogna ricordare la scelta del­l’episcopato italiano che aveva dedicato il primo decennio del terzo millennio al tema Comu­nicare il Vangelo in un mondo che cambia . È in questo contesto che ha preso corpo Parabole media­tiche , con l’intento di offrire un’occasione di incontro ai no­stri operatori della comunica­zione e, nello stesso tempo, per affrontare assieme le sfide poste dalle nuove tecnologie mediati­che». All’origine anche l’eredità del Convegno ecclesiale nazionale di Palermo del 1995. «Chi parte­cipò all’appuntamento di Roma – ricorda Pompili – si rese conto che andava definitivamente af­frontata la questione del rappor­to imprescindibile fra cultura e comunicazione, come era stata già definita nella grande assem­blea ecclesiale». «Inoltre – ag­giunge Giuliodori – in quegli an­ni cresceva la grande avventura della Chiesa italiana nel campo dei media nazionali che, oltre al consolidamento di Avvenire, ve­deva nascere l’odierna Tv2000 (allora Sat2000 ) e il circuito ra­diofonico InBlu».
La partecipazione «tanto nume­rosa e vivace fu per tutti una pia­cevole sorpresa ed ebbe l’effetto di sdoganare un mondo che per moti versi sembrava essere ai margini della vita ecclesiale e, a volte, anche un po’ autoreferen­ziale», ricorda il vescovo di Ma­cerata. Il frutto più importante è stato la spinta al direttorio Co­municazione e missione del 2004 che, afferma Pompili, «ha offer­to un quadro di riferimento con­cettuale ma anche operativo di assoluta nitidezza». Da lì è sca­turito «l’impegno a delineare u­na nuova figura nella dinamica ecclesiale: quella dell’animatore della comunicazione e della cul­tura».
Sulla scia di Parabole mediatiche sono arrivati altri incontri nazio­nali. «Il convegno Testimoni di­gitali – spiega Giuliodori – ha concluso nel 2010 un decennio straordinario sulla comunica­zione del Vangelo consolidando i passi compiuti e ha aperto la ri­flessione sulle nuove tecnologie e sull’impatto che hanno nella missione della Chiesa. Testimo­ni digitali ha voluto ribadire la volontà della Chiesa di essere presente in queste nuove realtà, soprattutto nel mondo dei social network, ma non per pura omo­logazione o per rincorrere mo­de». Le sfide per i prossimi anni? «La Rete – dice Pompili – restituisce a tutti la possibilità di parlare, e questo cambiamento di pro­spettiva ci chiede di abitarla. Poi occorre passare dalla connessio­ne alla comunione, come ha ri­cordato Benedetto XVI nell’o­melia di Pentecoste quando ha sottolineato che il moltiplicarsi delle possibilità non è detto pro­duca una migliore qualità rela­zionale. Infine c’è bisogno di in­vestire sulle persone. Perché la tecnologica non si sostituisce al­l’intelligenza, alla creatività e al­la generosità. Ed è compito so­prattutto dei giovani portare il lo­ro contributo nello spazio digi­tale così decisivo per annuncia­re il Vangelo all’uomo di oggi».
 
Nella pagina in allegato, anche un intervista ad Elisa Manna e una riflessione di Umberto Folena...