UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Parrocchie, fuori dall'abitudine!

Essere Chiesa 'in uscita'. Papa Francesco non si stanca di raccomandarlo. Ma come si fa nel concreto a incarnare questo stile? Avvenire lo ha chiesto a monsignor Guido Fiandino, vescovo ausiliare di Torino che ha scelto di dedicarsi a una parrocchia, quella della Beata Vergine delle Grazie alla Crocetta.
7 Ottobre 2014

Essere Chiesa 'in uscita'. Papa Francesco non si stanca di raccomandarlo. Ma come si fa nel concreto a incarnare questo stile? Avvenire lo ha chiesto a monsignor Guido Fiandino, vescovo ausiliare di Torino che ha scelto di dedicarsi a una parrocchia, quella della Beata Vergine delle Grazie alla Crocetta.
Eccellenza, lei è vescovo e parroco. Un compito difficile?
Preferisco dire 'impegnativo', ma affascinante. La parrocchia, cioè i parrocchiani, vanno anzitutto accolti e amati, così come sono. Gesù faceva così. Parafrasando don Bosco, si potrebbe dire che 'la pastorale è un fatto di cuore'. Se è così, la parrocchia non si poggia anzitutto sull’organizzazione ma sulla relazione con Dio e con tutti i figli di Dio. La gente deve percepire che il parroco è di tutti e per tutti e non solo di chi e per chi gli gravita abitualmente attorno. Il mondo di oggi, almeno quello nelle grandi città, sembra essere travolto dalla fretta; la parrocchia può essere un’oasi di preghiera, una famiglia di famiglie che può colmare le tante solitudini che le persone vivono.
Il Papa esorta ad abbandonare il criterio del 'si è fatto sempre così'. Come cerca di rispondere?
Col criterio del conservando renovare. La storia di una comunità va sempre rispettata. Il parroco deve avere l’umile pazienza di collocarsi nel cammino in atto in quella comunità, accogliendo le tradizioni che contribuiscono a vivere il Vangelo oggi e abbandonando ciò che è pura abitudine, più che tradizio- ne. Non sarà il parroco a dire 'ora si fa così' ma a coinvolgere il Consiglio pastorale nella verifica del passato e nella programmazione del futuro. Meglio attendere la maturazione della comunità che provocare 'strappi' con cambiamenti che ignorano il passato e non giovano al futuro.
L’«Evangelii gaudium» chiede di essere creativi e audaci. Cosa dovrebbe cambiare nel fare pastorale?
La prima creatività è chiedere luce allo Spirito Creatore, e poi attuare un’evangelizzazione che propone e non impone, che invita e non costringe, che rispetta i tempi delle persone. Creatività è non accontentarsi di 'chi già c’è' ma avere la serena ansia per 'chi non c’è ancora' o, meglio, coloro dai quali noi siamo ancora lontani.
I giovani rappresentano una sfida. Il Papa dice però che nel mondo degli adulti non trovano risposte. Cosa bisogna fare?
Anzitutto credere nei giovani, facendo leva sulle ricche potenzialità che possiedono; avere il coraggio di fare proposte alte, esigenti, pur rispettando i tempi di ciascuno. Molto dipenderà dalla credibilità degli adulti, che devono essere più aiutati che criticati. I giovani, comunque, rappresentano la speranza, prima ancora che una sfida: una recuperata relazione tra giovani e adulti può portare ricchezza alla Chiesa e al nostro mondo così affaticato.
Aprire le porte e i cuori, non escludere nessuno. Cosa significa in concreto?
Significa riprodurre lo stile di Gesù, capace di essere accogliente ed esigente nel medesimo tempo. Se una selezione ha da venire non dovrà dipendere dal nostro stile escludente ma da una proposta evangelica esigente. Anche chi non realizza in pieno il dettato evangelico però non dovrà mai sentirsi escluso ma, come persona, sempre accolto. D’altra parte, chi di noi vive integralmente il dettato evangelico?
Nell’«Evangelii gaudium», il Papa dedica spazio al tema delle omelie...
Francesco anche in questo vede giusto. Per la maggior parte dei fedeli l’unico messaggio evangelico, l’unico volto di Chiesa, lo percepiscono nelle nostre celebrazioni. Penso, col batticuore, a quanti vengono a contatto con la Chiesa solo in occasione di un battesimo, un matrimonio, una sepoltura, e da quella celebrazione si fanno un’idea della Chiesa. Ma penso, più ancora, ai cristiani che ogni domenica sono in ascolto dell’omelia. Di lì possono, dovrebbero, attingere luce e guida per il loro cammino spirituale. È per questo che più divento vecchio e più sono scontento delle mie omelie...

ALLEGATI