UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Per gli animatori
un “mandato” nel mondo digitale

L’attività degli animatori della comunicazione e della cultura riparte dalla convergenza verso i temi dell’educazione. E' im­portante tenere conto della sfi­da educativa in tutti gli ambiti che chiamano in causa l’azione dell’animatore nelle diocesi e nelle parrocchie, ma anche nel­le associazioni e nei movimenti.
20 Settembre 2011
L’attività degli animatori della comunicazione e della cultura riparte dalla convergenza verso i temi dell’educazione. Con il nuovo anno pastorale, infatti, sulla scia degli Orientamenti dell’episco­pato italiano per il prossimo de­cennio dal titolo «Educare alla vita buona del Vangelo», c’è la consapevolezza che «la forma­zione dell’identità personale av­viene in un contesto plurale, ca­ratterizzato da diversi soggetti di riferimento: non solo la famiglia, la scuola, il lavoro, la comunità ecclesiale, ma anche ambienti meno definiti e tuttavia influen­ti, quali la comunicazione mul­timediale e le occasioni del tem­po libero» (n.10). Perciò è im­portante tenere conto della sfi­da educativa in tutti gli ambiti che chiamano in causa l’azione dell’animatore nelle diocesi e nelle parrocchie, ma anche nel­le associazioni e nei movimenti ecclesiali.
«L’educazione è strutturalmen­te legata ai rapporti tra le gene­razioni, anzitutto all’interno del­la famiglia, quindi nelle relazio­ni sociali. Molte delle difficoltà sperimentate oggi nell’ambito educativo sono riconducibili al fatto che le diverse generazioni vivono spesso in mondi separa­ti ed estranei» si legge negli O­rientamenti (n.12). Sotto questo punto di vista l’animatore può diventare un punto di incontro e di dialogo tra le diverse gene­razioni se, utilizzando con intel­ligenza e creatività vecchi e nuo­vi media, saprà proporre mo­menti culturali e incontri for­mativi utili a bypassare la fram­mentazione delle relazioni. Al riguardo è interessante leggere al n.29 del documento della Cei come «l’educatore compie il suo mandato anzitutto attraverso l’autorevolezza della sua perso­na. Essa rende efficace l’eserci­zio dell’autorità; è frutto di e­sperienza e di competenza, ma si acquista soprattutto con la coerenza della vita e con il coin­volgimento personale. Educare è un lavoro complesso e delica­to, che non può essere improv­visato o affidato solo alla buona volontà».
Un passaggio che chiama in causa proprio l’animatore della comunicazione e della cultura consapevole più che mai che «la parrocchia – Chiesa che vive tra le case degli uomini – continua a essere il luogo fondamentale per la comunicazione del Van­gelo e la formazione della co­scienza credente» (n.41). Edu­care, dunque, diventa un com­pito fondamentale anche per l’animatore perché, come sotto­lineano gli Orientamenti al n.51 «la crescita vorticosa e la diffu­sione planetaria di questi mez­zi, favorite dal rapido sviluppo delle tecnologie digitali, in mol­ti casi acuiscono il divario tra le persone, i gruppi sociali e i po­poli ». Un obiettivo da raggiun­gere, dunque, sarà anzitutto quello di educare alla cono­scenza di questi mezzi e dei lo­ro linguaggi e a una più diffusa competenza sul loro uso. Basti pensare a Internet e alle nuove tecnologie nell’era del Web 2.0. Per tale ragione diventa impor­tante una seria progettualità pa­storale non improvvisata che trova nei documenti del magi­stero ecclesiale e nelle indica­zioni del Direttorio sulle comu­nicazioni sociali un punto di ri­ferimento essenziale da inte­grare con gli Orientamenti che, proprio al numero 51, sottoli­neano come «l’impegno educa­tivo sul versante della nuova cul­tura mediatica dovrà costituire negli anni a venire un ambito privilegiato per la missione del­la Chiesa».