L’attività degli animatori della comunicazione e della cultura riparte dalla convergenza verso i temi dell’educazione. Con il nuovo anno pastorale, infatti, sulla scia degli Orientamenti dell’episcopato italiano per il prossimo decennio dal titolo «Educare alla vita buona del Vangelo», c’è la consapevolezza che «la formazione dell’identità personale avviene in un contesto plurale, caratterizzato da diversi soggetti di riferimento: non solo la famiglia, la scuola, il lavoro, la comunità ecclesiale, ma anche ambienti meno definiti e tuttavia influenti, quali la comunicazione multimediale e le occasioni del tempo libero» (n.10). Perciò è importante tenere conto della sfida educativa in tutti gli ambiti che chiamano in causa l’azione dell’animatore nelle diocesi e nelle parrocchie, ma anche nelle associazioni e nei movimenti ecclesiali.
«L’educazione è strutturalmente legata ai rapporti tra le generazioni, anzitutto all’interno della famiglia, quindi nelle relazioni sociali. Molte delle difficoltà sperimentate oggi nell’ambito educativo sono riconducibili al fatto che le diverse generazioni vivono spesso in mondi separati ed estranei» si legge negli Orientamenti (n.12). Sotto questo punto di vista l’animatore può diventare un punto di incontro e di dialogo tra le diverse generazioni se, utilizzando con intelligenza e creatività vecchi e nuovi media, saprà proporre momenti culturali e incontri formativi utili a bypassare la frammentazione delle relazioni. Al riguardo è interessante leggere al n.29 del documento della Cei come «l’educatore compie il suo mandato anzitutto attraverso l’autorevolezza della sua persona. Essa rende efficace l’esercizio dell’autorità; è frutto di esperienza e di competenza, ma si acquista soprattutto con la coerenza della vita e con il coinvolgimento personale. Educare è un lavoro complesso e delicato, che non può essere improvvisato o affidato solo alla buona volontà».
Un passaggio che chiama in causa proprio l’animatore della comunicazione e della cultura consapevole più che mai che «la parrocchia – Chiesa che vive tra le case degli uomini – continua a essere il luogo fondamentale per la comunicazione del Vangelo e la formazione della coscienza credente» (n.41). Educare, dunque, diventa un compito fondamentale anche per l’animatore perché, come sottolineano gli Orientamenti al n.51 «la crescita vorticosa e la diffusione planetaria di questi mezzi, favorite dal rapido sviluppo delle tecnologie digitali, in molti casi acuiscono il divario tra le persone, i gruppi sociali e i popoli ». Un obiettivo da raggiungere, dunque, sarà anzitutto quello di educare alla conoscenza di questi mezzi e dei loro linguaggi e a una più diffusa competenza sul loro uso. Basti pensare a Internet e alle nuove tecnologie nell’era del Web 2.0. Per tale ragione diventa importante una seria progettualità pastorale non improvvisata che trova nei documenti del magistero ecclesiale e nelle indicazioni del Direttorio sulle comunicazioni sociali un punto di riferimento essenziale da integrare con gli Orientamenti che, proprio al numero 51, sottolineano come «l’impegno educativo sul versante della nuova cultura mediatica dovrà costituire negli anni a venire un ambito privilegiato per la missione della Chiesa».