Si è conclusa con un cineforum animato da Carlo Tagliabue la serie di incontri organizzati dalla diocesi di Asti sul tema “Per non cadere nella rete – bambini, adolescenti e giovani nell’era di internet e del digitale”. Nelle parole di Chiara Viola per la Gazzetta d'Asti il racconto di quest'ultima intensa esperienza...
La voce del cinema
È stato scelto il cinema, “l’arte totale”, per il quarto e conclusivo incontro formativo organizzato dall’ Ufficio Comunicazioni Sociali della Diocesi di Asti: “Per non cadere nella rete – bambini, adolescenti e giovani nell’era di internet e del digitale”.
Il corso è stato realizzato con la collaborazione del Centro studi Cinematografici di Roma - Associazione Nazionale di Cultura cinematografica, aderente all’AGIS e riconosciuta dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali - e con il contributo della Polizia Postale di Asti.
Relatore e moderatore dell’incontro, intitolato “La voce del cinema”, è stato Carlo Tagliabue: regista televisivo di RAIuno, docente universitario, giornalista, critico cinematografico e Presidente nazionale del Centro Studi Cinematografici, associazione con la vocazione alla didattica e pedagogia dell’immagine, per offrire ad insegnanti, genitori, educatori, animatori culturali e studenti, momenti di informazione e formazione attraverso corsi di Teoria e Critica del film.
Per introdurre, Tagliabue, ha sottolineato lo scopo del cinema: raccontare storie per suscitare emozioni. Non necessariamente belle. Ed è grazie al fatto che le storie portate sul grande schermo spesso non si allontanano tanto dalle nostre, di storie, che il cinema riesce a coinvolgerci, farci immedesimare e quindi, emozionare. Ha anche ricordato come la forza del cinema fosse già stata ampiamente compresa da grandi dittatori, di un estremo e dell’altro, per farne un proprio strumento: definito da Mussolini “L’arma più forte dello Stato” e da Lenin “La più importante di tutte le arti, per noi”.
Dopo queste premesse ha lasciato che fosse proprio il cinema a parlare, proiettando il film “Disconnect” (2012) di Henry Alex Rubin. Titolo che significa disconnettere, ma che può anche essere un invito, se non un imperativo: disconnettetevi. E infatti la storia, anzi, le diverse storie e vite che si intrecciano raccontano come le fragilità dei protagonisti vengano risucchiate da internet facendoli “cadere nelle rete” attraverso una spirale discendente di eventi con esiti in alcuni casi irrimediabili.
L’intreccio è coinvolgente, il ritmo incalzante. I temi sono tanti e gravi: dipendenza da gioco d’azzardo on-line, furto di dati sensibili attraverso le chat con sconosciuti, videochat pornografiche con minorenni, cyberbullismo e sexting tra adolescenti.
Il termine sexting, deriva dalla crasi delle parole inglesi sex (sesso) e texting (inviare SMS), è un neologismo utilizzato per indicare l'invio di messaggi sessualmente espliciti e/o immagini inerenti al sesso, principalmente tramite telefono cellulare, ma anche tramite altri mezzi informatici. Il fenomeno ha avuto origine negli USA, ma la sua diffusione sta avanzando in maniera preoccupante anche in Italia, come denuncia Telefono Azzurro. Le immagini, anche se inviate ad una stretta cerchia di persone, spesso si diffondono in modo incontrollabile e possono creare seri problemi a chi si autoritrae. Nel film, infatti, il ragazzino che ne cade vittima, arriva per la disperazione a tentare di suicidarsi e rimane in coma.
E il suicidio di adolescenti vittime di bullismo è un fenomeno di cui purtroppo talvolta sentiamo parlare fra le notizie di cronaca, motivo per cui l’attualità e la gravità di questo fenomeno devono metterci in guardia.
Disconnect fa anche da specchio della realtà, mettendo bene in evidenza come oggi ci sia una sostanziale mancanza di comunicazione reale fra le persone, in parte causata dal fatto che siamo sempre “connessi” a qualche dispositivo e altrove con la mente. Questa mancanza di comunicazione comporta un profondo senso di solitudine e frustrazione e il tentativo di colmarlo ricercando contatti e relazioni virtuali. La comunicazione digitale è infatti più facile, fluida: la presenza di un mezzo intermedio fra noi e l’interlocutore rende maggiormente disinvolti e nel film infatti i protagonisti confidano le loro vere emozioni solo attraverso chat o messaggi.
Nel film, poi, il ruolo di vittime e aguzzini si capovolge, mostrando che la disperazione e la paura portano l’animo umano all’aggressività e a tentare di farsi giustizia da soli. La morale arriva sul finale, insieme ad una tenue nota di speranza: riscoprire il valore della famiglia, creare relazioni vere con le persone, non sfruttare il prossimo per il proprio arrivismo, creare legami reali, uscire fuori dall’indifferenza ed accorgersi del bisogno di aiuto dei nostri cari. Forse scontata o banale per il cinico mondo contemporaneo. Ma forse senza questi valori sarebbero le sole e-mail o le notifiche in arrivo a scandire il ritmo delle nostre giornate.
Dunque la soluzione che fa chiudere il cerchio (e il corso) starebbe nel suggerimento del Prof. Bocci durante il primo incontro: utilizzare la tecnologia e internet come un ottimo strumento di comunicazione e condivisione delle informazioni, ma pur sempre uno strumento. Senza cadere nella rete.
Il corso si è concluso con un arrivederci e la possibile proposta di un futuro nuovo ciclo di approfondimento per l’anno prossimo, salutando gli insegnanti, educatori, genitori e giovani partecipanti con strumenti e competenze in più per conoscere e gestire l’era del digitale.
Chiara Viola