UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Per salvare il mondo può bastare un videogioco?

Salva il mondo, in dodici episodi. È un gioco; ma come tutti i giochi veri, è una cosa seria, serissima. Forse. Che sia seria dovrebbe garantirlo il soggetto promotore: la Banca Mondiale, mica il Credito di Roccabassa di Sopra.
8 Aprile 2010
Salva il mondo, in dodici episodi. È un gioco; ma come tutti i giochi veri, è una cosa seria, serissima. Forse. Che sia seria dovrebbe garantirlo il soggetto promotore: la Banca Mondiale, mica il Credito di Roccabassa di Sopra.
  Qualche dubbio ti viene osservando quella che le cronache generose chiamano graphic novel, ma a un occhio meno benevolo appare come un normalissimo fumetto, di qualità media… Ma andiamo con ordine.
  Dal 3 marzo, la Banca Mondiale ha messo on-line (www.urgentevoke.com) un videogioco, Evoke. Ogni settimana ai partecipanti viene chiesto di suggerire, mediante video, foto o post, soluzioni pratiche per salvare il mondo da minacce di svariata natura, ma tutte reali, dai cambiamenti climatici alla povertà. In questo momento, ad esempio, è on-line il quinto episodio: si tratta di suggerire quale potrebbe essere il futuro del denaro, o il denaro del futuro, risolvendo il problema – roba da niente – che tre miliardi di persone tirano avanti con meno di 2 dollari al giorno. Al termine del dodicesimo episodio i giocatori migliori, ossia più brillanti e creativi, saranno ospiti della Banca Mondiale a Washington.
  Finora sono giunte circa 10mila contributi, per 3 miliardi di ore di connessione alla settimana; ma l’obiettivo –- rilancia l’ideatrice del gioco, Jane McGonigal – è di arrivare a 21 miliardi. Che per salvare il mondo sono proprio il minimo necessario… Vabbè, direte voi, dove sta la notizia? La notizia è che la Banca Mondiale prende la cosa terribilmente sul serio. Pare infatti che sia a caccia di idee, preziosissime e rarissime idee. In cima al sito campeggia questo proverbio del Ghana: «La persona più povera non è quella senza denaro, ma senza visione». Diciamo che è la rivincita dei tanto bistrattati sognatori, sia pure con i piedi per terra. E, senza tanti misteri, nel sito stesso vengono invitati all’azione i giocatori dotati di 'collaborazione, creatività, intraprendenza' ed altre virtù analoghe.
  Giocare… Giocare per non appiattirsi sul presente e non farsi trascinare dagli eventi, ma governarli, e incidere sul futuro senza aspettarlo con le mani in tasca. Come sarebbe bello! Anche in Italia. Partiti, associazioni, gruppi, comunità, singole persone capaci di visione, ossia di prospettare un’Italia del 2020, un’Italia bella dove chi ha voglia di lavorare possa farlo; e chi desidera studiare sia libero di istruirsi quanto gli pare; e lo squalo della malavita non abbia acqua in cui sguazzare. Si potrebbe organizzare un gioco e vedere quante e quali idee saltano fuori.
  Quando il futuro sembra oscurarsi e la speranza latitare, capita di mettersi a giocare. Erodoto narra che così fecero i Lidi. Una terribile carestia opprimeva la loro terra. Che cosa fecero allora re Atys e i suoi sudditi? Inventarono quasi tutti i giochi noti nell’antichità: dadi, astragali, palla… sì, perfino lei, che a forza di rotolare l’11 giugno finirà in Sudafrica. Un giorno i Lidi giocavano, dimenticandosi la fame; il giorno dopo mangiavano; e così via. Poiché però la carestia non stava al gioco e seguitava a imperversare, Atys decise che metà della popolazione doveva emigrare. Come la scelse? Con il sorteggio, giocando insomma. Sia mai che per risolvere il problema della fame del mondo qualcuno non proponga di imbarcare i tre miliardi di affamati sulle astronavi, spedendoli in cerca di un pianeta accogliente…
 

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