UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Peverini: educhiamo ai media in famiglia

Educare i più giovani a uno «sguardo critico» verso i nuovi media è un compito «fondamentale» delle fami­glie. Ma per riuscirci, spiega Paolo Peverini, docente di Semiotica alla Luiss, è necessario che imparino a riconoscere le strategie messe in campo da questi nuovi strumenti di co­municazione.
17 Novembre 2010
Educare i più giovani a uno «sguardo critico» verso i nuovi media è un compito «fondamentale» delle fami­glie. Ma per riuscirci, come spiega Paolo Peverini, docente di Semiotica e di Se­miotica della comunicazione visiva alla facoltà di Scienze politiche della Luiss 'Guido Carli' di Roma, è necessario che imparino a riconoscere le strategie messe in campo da questi nuovi strumenti di co­municazione. Peverini è intervenuto il 16 novembre al corso che si è tenuto a Roma nella parrocchia di San Romano Martire, dal ti­tolo «La seduzione della pubblicità». L’in­contro, che fa parte del ciclo «Figli e mass media. Istruzioni per l’uso», è stato orga­nizzato per la XII prefettura dall’Ufficio diocesano di comunicazioni sociali e dal Centro per la pastorale familiare.
Professore, un corso sui media per i ge­nitori in una parrocchia può davvero es­sere utile?
Credo che imparare a leggere i media sia necessario anche per capire come si tra­sforma il mondo in cui viviamo. Visto che si parla di una mediatizzazione del socia­le, imparare a leggere i segni, le strategie attraverso cui i media dispiegano la loro forza all’interno del contesto sociale è fon­damentale. In questo senso si tratta di do­tarsi di uno sguardo critico, a partire da alcuni strumenti di tipo teorico e meto­dologico, per imparare a muoversi meglio. Bisogna riuscire a capire quali sono le logiche attraverso cui prendono forma alcuni feno­meni: pensiamo per esempio ai discorsi talvolta molto acce­si sulla pubblicità o sull’infor­mazione, o alle logiche com­plesse che regolano il funzio­namento dei social network.
I nuovi media in realtà 'ap­partengono' ai giovani. Lei però pensa sia necessario far­li conoscere meglio anche ai genitori?
Certo. Il compito che spetta alle famiglie è molto importante: devono imparare a osservare con sguardo acuto i fenomeni della comunicazione, capire come nasco­no e quindi comprendere meglio come e­ducare i figli a viverli in maniera consa­pevole. Occorre insomma sviluppare uno sguardo critico e rendersi conto di quan­to possano essere complesse le logiche della comunicazione.
Sabato scorso Benedetto XVI parlando al­la plenaria del Pontificio Consiglio della Cultura ha sottolineato come le «infinite possibilità offerte dalla rete informatica rischiano di aumentare il senso di solitu­dine e spaesamento». Cosa ne pensa?
È uno degli aspetti che entrano in gioco. In questo senso, imparare a leggere i me­dia significa affrontare questioni di natu­ra molto più profonda che riguardano l’es­sere umano e anche il senso di solitudine che si può provare. Imparare a leggere i media non significa dotarsi di competen­ze di tipo tecnico: si tratta di capire che non è uno studio fine a se stesso.
Il Pontefice ha anche auspicato «una co­municazione umanizzante». Com’è an­cora possibile oggi?
Assolutamente centrale è l’obiettivo di u­manizzare, a partire anche dalla comuni­cazione, perché si tratta chiaramente di imparare a utilizzare in maniera accorta, intelligente, utile i media all’interno del tessuto sociale. Senza studio, però, non si riesce a capire effettivamente il mondo in trasformazione. Umanizzare è un obietti­vo fondamentale, da perseguire sia dal punto di vista teorico che pratico.
Negli Orientamenti pastorali della Cei per il prossimo decennio si sottolinea la «pos­sibilità di guardare con uso sapiente e re­sponsabile » ai nuovi strumenti mediati­ci. A questo proposito, come è possibile farlo con Internet? Con l’utilizzo di Goo­gle e Wikipedia, per esempio, tutto sem­bra neutrale. Per i ragazzi è difficile rico­noscere dove è la verità...
Innanzitutto occorre spiegare ai giovani cos’è Wikipedia, in cosa consiste questa enorme enciclopedia e quali sono i rischi immediati. Google per esempio non è la verità, è uno strumento che può agevola­re in parte la comprensione del mondo. Ma bisogna spiegare che la verità assolu­ta non è negli strumenti. Si deve educare a una visione meno assolutizzante della navigazione. La verità non si trova in un u­nico luogo della Rete, occorre comunque approfondire le relazioni e i concetti. In­ternet è uno strumento importante che bisogna conoscere, proprio per evitare di cadere nell’errore di pensare che la tec­nologia può rispondere tout court a qual­siasi domanda.