UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Piccoli lettori crescono

Nella pagina del Portaparola di questa settimana, Avvenire dà spazio al tema della formazione alla lettura come fondamentale percorso educativo, in un Paese in cui tra gli adulti la percentuale di chi legge a malapena un libro all'anno è appena del 46%, a fronte di un 54% che non arriva neppure a quel livello...
23 Aprile 2013
Per ora sono ancora quelli che alzano la media na­zionale, perciò i bambini e i ragazzi che leggono sono un patrimonio da coltivare con cu­ra. In un Paese che in quanto a lettura non ha mai brillato, i libri restano oggetti desiderabili e praticati dal 60% dei ragazzi tra gli 11 e i 17 anni, con un picco virtuoso tra i 2 e i 5 anni del 63,3%. Una bella fotografia del­la giovinezza se si considera che la media nazionale è ampia­mente al di sotto: solo il 46% de­gli italiani dichiara di leggere a malapena un libro in un anno. Dato che fa più impressione let­to al contrario, dalla parte di quei 54 connazionali su cento che non leggono niente di niente. In questo deserto sconfortante i numeri sono utili e non solo per­ché sottolineano quanto gli a­dulti forniscano alle giovani ge­nerazioni un pessimo esempio. I dati ci inchiodano a guardare lontano e, nel segnalarci che più si cresce più i lettori si riducono, dovrebbero indurci ad arginare l’emorragia futura: a lavorare perché l’abitudine alla lettura, che sappiamo attecchire tra bambini e ragazzi – i nativi digi­tali, la generazione nata e cre­sciuta a pane e Web – si radichi in maniera così profonda da su­perare l’adolescenza e diventare una fedeltà per la vita. Il dato è che oggi il libro non è più solo ma se vogliamo che il lettore sopravviva e cresca raffi­nato ed esigente, con la capacità di discernere quello che legge, come e dove lo legge, bisogna impegnarsi e iniziare presto con l’esempio e la proposta e non gli imperativi o le imposizioni: a ca­sa, in famiglia, a scuola e – per­ché no? – in parrocchia dove i li­bri ma ancor di più il giornale possono diventare per i ragazzi una proposta di aggregazione e di confronto, strumenti capaci di aprire porte su tanti mondi possibili e punti di vista, di su­scitare dibattiti e voglia di saper­ne di più. L’abitudine, la passione e la fe­deltà al libro o al giornale cre­scono su un terreno in cui mol­ti devono aver seminato, perché strada facendo saranno in tanti a remare contro. È una scom­messa che si dovrebbe giocare sui destini di bambini e ragazzi, sulla loro formazione: dare ap­puntamenti fissi con la parola scritta – l’immaginario della nar­rativa e la realtà dell’attualità – a una generazione che è sempre più attratta dal virtuale, dal mon­do delle immagini e dal flusso veloce e ininterrotto delle infor­mazioni.
È un fatto che per ogni bambino la consuetudine a leggere abbia ottimi effetti collaterali come il miglioramento delle competen­ze linguistiche, una crescita del­la capacità di ascolto e concen­trazione, di comprensione e di organizzazione del pensiero, l’af­finamento di una maturità e­motiva, nella sfera dei sentimenti e del senso morale. Un bagaglio di consapevolezza che i più gio­vani vanno aiutati a costruire e accrescere.
Certo è un impegno sostanzioso che tocca agli educatori: a loro non si chiede di fare i bibliote­cari o gli insegnanti ma di susci­tare interessi e entusiasmi, di contagiare ai più giovani il pia­cere della lettura in qualità di a­dulti di riferimento che danno valore alla crescita personale e spirituale dei più giovani, alla ri­flessione su di sé e sul mondo. Calvino sosteneva che le storie sono l’enciclopedia dei destini umani. L’attualità su cui si a­prono le finestre dell’informa­zione non è da meno, con un valore aggiunto: sui fatti e sulle opinioni ci si confronta, ci si al­lena a pensare criticamente con la propria testa. Per i cittadini di domani è un’assicurazione sulla propria libertà.
 
(Rossana Sisti)
 
Nella pagina in allegato anche alcune interessanti testimonianze...