«Faithbook». Diceva così la scritta sulle magliette che un centinaio di volontari (Fraternità apostolica di Gerusalemme, parrocchia di San Paolo, Rinnovamento nello Spirito) hanno indossato per tre calde notti a Pistoia. Una missione di strada per offrire qualcosa di autenticamente alternativo alle migliaia di giovani che ogni anno arrivano da tutta Italia, e non solo, per il Festival Blues.
Ispirandosi all’icona biblica del viandante di Emmaus, i missionari hanno scelto di condividere il Vangelo con i ragazzi incontrati durante una festa della musica che qualche problema, in verità, lo crea a quella parte di città che – non certo per impedire il divertimento – ci terrebbe a un maggiore rispetto per le regole. Non sono mancate proteste e vandalismi, ma non è mancata la conferma di quanto sia concreta nel popolo blues non solo la sete di birra ma anche di qualcosa di ben più profondo. I volontari hanno voluto presentare la fede tramite il racconto del loro abbraccio personale con Cristo facendosi «più testimoni che maestri». Senza divenire «avvocati» della Chiesa, hanno provato a mettersi in gioco senza tanti astrattismi riuscendo a catturare l’attenzione anche dei più distratti. «Forse quest’anno – dicono quelli di 'Missione blues' – c’è stata più risposta, si è riscossa maggiore simpatia: si è cercato un approccio più diretto per presentare l’amicizia con Cristo non come un sedativo ma come una realtà dinamica».