UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Pordenone: i media cattolici sismografi del mondo che cambia

Nell'ambito di "Pordenonelegge" anche un convegno in cui è stato presentato il volume Edi­toria, media e religione. Presente, tra gli altri, anche il Direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, che ha ricordato come il suo giornale abbia aperto gli occhi in anticipo sulla crisi economica in arrivo.
17 Settembre 2010
Non sono stati gli eco­nomisti a cogliere per primi che la crisi eco­nomica stava arrivando al ga­loppo. Lo sono stati, invece, i parroci, i direttori della Caritas, che si sentivano bussare la por­ta da nuovi poveri, le famiglie i­taliane, anche del ceto medio. Lo sono stati i vescovi e la Cei che hanno rilanciato queste preoccupazioni. Lo ha rilevato il direttore di «Avvenire» Marco Tarquinio, osservando appun­to che sulle pagine del giorna­le «abbiamo aperto gli occhi in anticipo». E questo per dire quanto e come il quotidiano dei cattolici sia attento a ciò che accade nella realtà viva della Chiesa italiana, là dove i pro­blemi si vivono quotidiana­mente, dall’impegno sociale contro le mafie al Sud (ad e­sempio con le cooperative so­stenute dalla stessa Cei), a quel­lo per l’integrazione degli im­migrati al Nord. Un giornale, in­somma, attento a tutte le ma­nifestazioni delle comunità cri­stiane («una realtà diffusa in maniera indescrivibile»), e che spesso non sempre vengono colte, apprezzate e diffuse dal­l’altra stampa. Tarquinio ne ha parlato in un convegno, a Pordenone, nel­l’ambito della manifestazione «Pordenonelegge», e nella fat­tispecie nel convegno in cui è stato presentato il volume Edi­toria, media e religione. Gli ef­fetti della comunicazione, pub­blicato dalla Libreria Editrice Vaticana, presente con il diret­tore don Giuseppe Costa, au­tore del volume. «Cadute le i­deologie, la religione – ha det­to Costa, durante la tavola ro­tonda moderata da Stefano de Martis, direttore di «TV 2000» – ha oggi un ruolo centrale, an­che rispetto all’economia, alla politica». Attenzione, però, co­me viene presentata. Occorre, per don Costa, «fare un grande lavoro di selezione» e in parti­colare stare più attenti all’uso dei diversi linguaggi. Il lin­guaggio, appunto.
Il volume di don Costa è, da questo punto di vista – come ha sottolineato don Giuseppe Scotti, segretario del Pontificio consiglio delle comunicazioni sociali –- un «manuale per l’u­niversità ». Come dire, insom­ma, che dentro la Chiesa biso­gna imparare i nuovi linguaggi per utilizzarli al meglio. Don Costa, dunque, ha il merito – secondo Scotti – di aver «final­mente tolto il velo del silenzio, dopo 40 anni, sulla realtà della comunicazione» e sul proble­ma che i cattolici non sono ca­paci di dirsi, di raccontarsi. «Hanno un grande prodotto e un pessimo marketing. Eppu­re abbiamo alle spalle una grande storia, anche di impegni e di investimenti». La maggio­re fatica, ha sottolineato De Martis, si riscontra soprattutto nell’approccio con la televisio­ne. Sì, perché – ha obiettato don Scotti –, la televisione fa molto spettacolo, ma poca bellezza. Da qui la 'diffidenza' di una parte della Chiesa. Ma proprio per questo – ha insistito de Martis – come «TV2000» stia­mo investendo nell’arte e nel­la musica. La Chiesa, in ogni caso – ha ras­sicurato Roberto Papetti, diret­tore de «Il Gazzettino» – è pro­tagonista dell’informazione lo­cale quotiadina, basta sfoglia­re le nostre pagine. E non solo perché in una realtà come quel­la del Nordest c’è un patriarca che fa notizia, ma anche per­ché la fanno tanti sacerdoti con le parrocchie ed i più diversi servizi di carità e di cultura.