UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Predicare dai tetti in questo tempo digitale

Non appartiene solo a loro, ma quella notizia riguardante ciò che avvenne a Betlemme – precisamente in una grotta – oltre duemila anni fa, continua a riguardarli in modo tutto speciale. A quel fatto hanno finito per dedicare non una semplice attenzione ma tutta la vita. E la prima cosa che si son sentiti dire, quando con un sì hanno risposto alla chiamata, è stata quella di non tenere per sé ciò che li aveva spinti al gran passo, e farsi invece annunciatori e missionari della Parola.
27 Gennaio 2010
Non appartiene solo a loro, ma quella notizia riguardante ciò che avvenne a Betlemme – precisamente in una grotta – oltre duemila anni fa, continua a riguardarli in modo tutto speciale. A quel fatto hanno finito per dedicare non una semplice attenzione ma tutta la vita. E la prima cosa che si son sentiti dire, quando con un sì hanno risposto alla chiamata, è stata quella di non tenere per sé ciò che li aveva spinti al gran passo, e farsi invece annunciatori e missionari della Parola. Non si va, perciò, fuori traccia a parlare dei sacerdoti come comunicatori naturali, se la Parola continua a restare al centro di tutto. Chi più di loro può vantare il privilegio di aver sempre qualcosa da dire? Nelle loro mani c’è la ricchezza di un fatto sempre attuale, di fronte al quale è il tempo che scolora o addirittura invecchia.
  Così attrezzati, ai sacerdoti la sfida delle nuove tecnologie non può fare certo paura. Semmai erano proprio essi i primi ad attendere che la grandezza del messaggio loro affidato suscitasse anche strumenti sempre utili ad aprire orizzonti nuovi, fino a dare un senso – all’altezza anche del tempo digitale – all’intramontabile comando di predicare il Vangelo e predicarlo da ogni tetto.
  È parso del tutto naturale allora che, nell’anno sacerdotale, Papa Benedetto abbia pensato ai sacerdoti anche per il messaggio della 44ª Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali. E non solo perché il rapporto tra preti e mass-media è ormai di lunga data, senza contare che molti di essi operano – spesso con successo – nel mondo dell’informazione, e anche le letterature di molti Paesi sono piene delle loro tracce. Quella tra penna (con tutti i suoi molti derivati) e altare è stata un’alleanza che non di rado ha condotto fino alla santità, come testimonia, tra i molti altri, San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti.
  La direzione del messaggio del Papa è, però, a più ampio raggio e riguarda in primo luogo i consacrati per i quali la comunicazione, senza essere un impegno aggiuntivo, è entrata in modo ordinario nella sfera della loro attività pastorale. E infatti nel messaggio il Papa illumina questo tratto parlando, per i sacerdoti, «dell’inizio di una storia nuova». Le nuove tecnologie, hanno varcato le soglie delle parrocchie e dei luoghi di ritrovo della comunità ecclesiali, allargandone i confini e ampliandone a dismisura gli orizzonti.
  Alla parrocchia che si proietta oltre le mura occorre però assicurare che restino saldi i pilastri di sostegno, ed ecco allora che il profilo del sacerdote­comunicatore si staglia, nel messaggio, in tutta la sua reale, e non virtuale, grandezza. Al comunicatore spetta il dovere della competenza. Al sacerdote ben altro, perché posto davanti alla dovizia dei mezzi tecnologici, gli viene affidato, in maniera ancora più incisiva, il compito di «mostrare agli uomini del nostro tempo e all’umanità smarrita, che Dio è vicino; che in Cristo tutti ci apparteniamo a vicenda». Una volta addentrato nel «fitto intreccio delle autostrade che solcano il cyberspazio» al sacerdote-comunicatore viene chiesto di lasciare tracce definitive del suo passaggio, fino ad affermare il «diritto di cittadinanza di Dio in ogni epoca».
  Appare chiaro che non si tratta di andare nel web per occupare uno spicchio del suo sterminato spazio. Il parametro di esigenze che pone il messaggio è troppo alto per consentire scappatoie di comodo. Non a caso vi è ripresa l’immagine del «cortile dei gentili».
  Appare chiaro che non si tratta di andare nel web per occupare uno spicchio del suo sterminato spazio. Il parametro di esigenze che pone il messaggio è troppo alto per consentire scappatoie di comodo. Non a caso vi è ripresa l’immagine del «cortile dei gentili» del tempio di Gerusalemme. Il web come «spazio di incontro e di riflessione anche per quanti non credono, sono sfiduciati e hanno nel cuore desideri di assoluto e di verità non caduche»: la pastorale è digitale, ma il cuore non può che essere sacerdotale.
 

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