UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Quando è “povero” il teatro torna ad essere preghiera

Una alternativa, vissuta e da vivere, alle serate estive a base di liscio, o brutta musica in piazza riciclata dagli anni Sessanta, insomma a un divertimento estivo che è rispettabile (e confesso, anche a volte simpatico), ma, rispetto a queste esperienze, piuttosto vuoto.
12 Agosto 2010
Teatro povero, in Italia, recitato e messo in scena da non attori. Teatro non professionale, legato a festività, tradizione religiosa o popolare, non nato insomma dagli elementi canonici del teatro occidentale: testo scritto, regia, messa in scena, recitazione. Un teatro povero che tocca realtà quali Bruscello di Montepulciano (evento dedicato a Francesco d’Assisi), Monticchiello (Siena), con 60 attori non protagonisti che mettono in scena un dramma rurale da loro scritto, Sordevolo, in provincia di Biella, con la Passione messa in scena da 400 attori amatoriali.
Certo un teatro che non pretende di porsi ai livelli di quello che fa tremare lo spettatore, quello di Peter Brook, di Grotosky, di Strehler. Ma che costituisce l’alternativa, vissuta e da vivere, alle serate estive a base di liscio, o brutta musica in piazza riciclata dagli anni Sessanta, insomma a un divertimento estivo che è rispettabile (e confesso, anche a volte simpatico), ma, rispetto a queste esperienze, piuttosto vuoto.
Non solo: questa realtà, pur nella sua umile natura, è teatro, etimologicamente.
Il teatro nasce come rito. Dionisiaco, per la precisione. Il teatro occidentale, in Grecia. In altre parti del mondo sorge con modalità e tensioni analoghe, votive, di invocazione a divinità che proteggano o favoriscano la vita quanto Dioniso. Che è dio della vite, della trasformazione dell’uva in vino, dell’ebbrezza, del sangue sacrificale che rigenera l’uomo. Il teatro si mantiene rito in Africa, in Oceania, presso i nativi d’America, con le danze propiziatorie alle divinità della pioggia, della fertilità, tanto della terra quanto dell’uomo. Il teatro occidentale nel V secolo a. C. con Eschilo esce dalla pura celebrazione rituale per divenire anche spettacolo: alto, poetico, liturgico, essenziale, assoluto. Parla di dèi ed eroi dei primordi, dei grandi conflitti dell’uomo, non è il Colosseo con i suoi macabri riti o l’avanspettacolo. In occidente la grande strada maestra è quella del teatro dei poeti, prima in Grecia con i grandi tragici Eschilo, Sofocle, Euripide, poi nella rinascita, della magnifica età elisabettiana londinese, con Shakespeare e i suoi amici Marlowe, Kidd, Spencer, e compagnia bella (veramente una bella compagnia).
Intanto, però, il teatro in Europa si è impoverito e diviso in due filoni: quello dei comici ambulanti, poveri, vaganti su carri rudimentali, più simili ad artisti di piccoli circhi, e quello dei riti cristiani. Nessuno dei due filoni produce arte, nel senso alto e nobile della parola, Gli attori ambulati ci riusciranno in Inghilterra quando diventeranno stanziali e fonderanno i grandi teatri stabili a Londra. Gli attori degli spettacoli popolari, religiosi, legati spesso a date liturgiche, arrivano all’arte solo in Spagna, con una forma particolare di spettacolo religioso e popolare, che richiederebbe pagine a parte. Ciò che conta è che il teatro come rito non muore, nel Medio Evo, in Europa e soprattutto in Italia, mantiene un legame con la potenza rituale delle sue origini. Si parla delle rappresentazioni popolari non ispirate, ma mosse, dettate, da necessità rituali.
Non esistono attori professionisti, o comunque selezionati, il teatro è una manifestazione dell’uomo come essere religioso, come avveniva in origine, non solo ai tempi della nascita della tragedia, ma millenni prima, nella caverne dalle pareti dipinte, prime cattedrali dell’umanità, dove con danze, fuoco, musiche, frasi rituali, canti, agiva il teatro come avvenimento religioso.
La realtà del teatro povero in Italia è umile ma ha una sua necessità e un legame con le origini stesse dello spettacolo, che non è un giro di valzer ma una forma di preghiera.