UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Quando la “rete” rilancia il Vangelo

“Il mondo di Internet non è di per sé un ambiente d’inautenticità e non è neppure impermeabile alla fede”: lo afferma dalle pagine di Avvenire mons. Domenico Pompili, Direttore dell'Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali, tracciando un bilancio a tre anni dal convegno «Testimoni digitali» (21-24 aprile 2010).
24 Aprile 2013
Il tema della comunicazione è sempre stato centrale per la Chiesa; e non in modo stru­mentale, ma intrinsecamente lega­to alla 'buona notizia' che Dio si fa vicino, comunicandosi nel Figlio. È questo oggi un antidoto al rischio già sollevato da Paolo VI: «La tecni­ca generalizzata come forma do­minante di attività, come modo as­sorbente di esistere, senza che la questione del suo significato sia realmente posta»   (Octogesima Ad­veniens, 29). Per superare il dislivel­lo crescente tra velocità del muta­mento e capacità di coglierne i si­gnificati si era già mosso nel 2002 il convegno 'Parabole Mediatiche', indicando la direzione per com­prendere il ruolo dei media oggi: non più semplici strumenti, ma e­lementi cruciali del paesaggio so­ciale, che entrano profondamente nelle sue dinamiche. Solo pochi anni dopo lo scenario mediale era già profondamente mutato e al centro del dibattito era ormai la re­te, con la svolta social del web 2.0 che ci vede non più solo destinata­ri di messaggi, ma parte attiva del nuovo ambiente. Nel frattempo lo stesso Benedetto XVI aveva solleci­tato chi ha responsabilità pastorali a «saper raccogliere le sfide che pongono all’evangelizzazione que­ste nuove tecnologie» e invitato la Chiesa a esercitare una 'diaconia della cultura' nell’odierno 'conti­nente digitale', percorrendone tut­te le strade (Discorso del 29.10.2009). Ma un po’ per la no­vità di un ambiente distante e mi­naccioso per le generazioni non più giovani, un po’ per la rapidissi­ma crescita di popolarità di social network come Facebook, sono e­merse serie preoccupazioni da par­te di genitori ed educatori, turbati dalla quantità di tempo trascorsa online dai nativi digitali, in questa sfera così totalizzante, orizzontale, refrattaria all’autorità, aperta a un’infinità di opzioni equivalenti.
Ascoltando questa inquietudine, e cogliendo la raccomandazione di Benedetto XVI, l’Ufficio delle co­municazioni sociali (Ucs), con il Servizio Nazionale per il progetto culturale della Cei, ha scelto di en­trare con decisione nello spazio di­gitale, da un lato istituendo una presenza riconoscibile e costante­mente aggiornata per accompa­gnare e valorizzare il lavoro delle diocesi e della Chiesa su questi te­mi, grazie all’implementazione del sito (www.chiesacattolica.it); dal­l’altro iniziando un’esplorazione ri­gorosa dei nuovi territori digitali. A questo scopo a partire dal 2009 l’Ucs ha promosso u­na serie di incontri con un gruppo interdisciplinare di docenti dell’Università Cattolica di Milano, per mettere a punto una ricerca sui social media orientata da un inte­resse antropologico prima che tec­nologico (poi presentata a 'Testi­moni Digitali', e uscita nello stesso anno col titolo 'Abitanti della re­te'). In preparazione al convegno sono stati pubblicati sul sito testi­monianze video, riflessioni in for­ma di blog, rimandi al dibattito na­zionale e internazionale sui muta­menti in atto. Un percorso di pre­parazione durato più di un anno e culminato in 'Testimoni Digitali' (21-24 aprile 2010; cfr. foto) che ha segnato, lo si può dire con certezza retro­spettivamente, un vero punto di svolta negli studi sul web, consen­tendo alla Chiesa italiana di espri­mere una posizione estremamente avanzata rispetto al dibattito na­zionale ma anche internazionale. A partire dal convegno sono emersi snodi interpretativi di svolta e di non ritorno. Tra i più significativi il fatto che la rete non è strumento ma ambiente da abitare, ovvero territorio con una propria morfolo­gia che può però essere 'addome­sticato' sulla base dei significati che sappiamo iscrivervi. Un am­biente fatto di relazioni, dove esse­re-con è il modo dell’esserci. Un ambiente che non è virtuale, ovve­ro non-reale, ma dotato di una di­versa forma di realtà, dove traspor­tiamo noi stessi, le nostre relazioni e i nostri interessi; non il luogo di una vita parallela e false identità, ma di manutenzione delle relazio­ni significative e organizzazione di incontri faccia a faccia, in un conti­nuo attraversamento del confine tra online e offline. Non quindi 'perdita', ma possibile valorizza­zione della realtà. Come la rete non è di per sé ambiente d’inautenti­cità (non più di quanto lo sia ogni ambiente sociale) così non è nep­pure impermeabile alla fede: al contrario, è il luogo dove si manife­stano le domande antropologiche che da sempre connotano l’essere umano (bisogno di relazione, di senso, di verità; desiderio di un 'oltre') che, anche se non possono trovare piena soddisfazione nel web, possono tuttavia venire inter­cettate, interpretate, condivi­se e rilanciate oltre il web. La testimonianza è la forma che deve assumere oggi la presenza dei cristiani nel mondo 'misto': un 'contenuto ge­nerato dall’utente' che si radica nella verità e nell’ascolto e si tradu­ce in uno stile che costruisce auto­revolezza a partire dalla sintonia di pensieri, parole e azioni. Dunque, con 'Testimoni Digitali' sono stati raggiunti tre importanti risultati: sul piano dell’interpretazione del significato del web, andando oltre il dualismo digitale; su quello an­tropologico, dato che il web è un territorio che come ogni ambiente presenta insidie, ma anche oppor­tunità per coltivare la nostra uma­nità; su quello teologico: la fede è la dimensione verticale che 'buca' l’orizzontalità, aprendo a un oltre che la rete fa desiderare senza po­terlo offrire. La fede aiuta quindi a vivere nel web senza essere del web, senza lasciarsi risucchiare dai suoi meccanismi, ma sfruttando le opportunità di condivisione e rela­zione se si tiene la dimensione del senso, e non quella della tecnica, come criterio di orientamento.
Molte cose sono successe dopo 'Testimoni Digitali'. Tra le tante una merita di essere richiamata: la formazione degli animatori della comunicazio­ne e della cultura. In particolare l’incontro in presenza del corso A­nicec 2012, 'Officina digitale', ha i­naugurato uno stile più partecipa­tivo, e un ripensamento dell’offerta formativa, in sintonia con l’espe­rienza e le riflessioni di questi anni. Dal dicembre 2012, consapevole del crescente ruolo dei Social Me­dia, l’Ucs è anche su Twitter (@UC­SCEI), incoraggiando con questa presenza anche i tanti organismi che nel nostro ambiente operano per la comunicazione. Che questa sia una strada impegnativa, ma do­verosa da percorrere, non per sud­ditanza alle mode, ma per respon­sabilità verso il cambiamento, lo confermano i messaggi di Bene­detto XVI in occasione della Gior­nata mondiale delle comunicazio­ni sociali. Non ultimo quello di questo anno. In questa linea va let­ta l’apertura dell’account Twitter @Pontifex, che ha ormai oltre 5 mi­lioni di followers in tutto il mondo. E che Papa Francesco abita oggi con grande naturalezza, testimo­niando come la rete sia luogo per ridurre le distanze e tenere viva la speranza.
 
Mons. Domenico Pompili
Direttore dell'Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali