Deng Senshan, un adolescente cinese che passava troppe ore nel mondo virtuale di Internet è stato ammazzato di botte dai guardiani del centro di ' riabilitazione' in cui era stato ricoverato dai genitori per essere guarito dalla sua dipendenza. Un percorso riabilitativo troppo drastico per risolvere un problema che angustia non poco le autorità cinesi, tanto da spingerle a istituire strutture di recupero che ricordano un passato non tanto remoto nel tempo, quando le ' guardie rosse' rieducavano i borghesi e gli intellettuali con metodi altrettanto inumani.
Il fenomeno della dipendenza da Internet non è certo nuovo, ed è stato molto studiato negli Stati Uniti a partire dai primi anni 90, ma è stato in Giappone che ha avuto la sua manifestazione più plateale. Per indicare lo stato di completa sudditanza in cui si riducono molti adolescenti nei confronti del ciberspazio è stato creato in Giappone il termine "hikikomori": ragazzi che per mesi o anni si rinchiudono in camera per tentare la fuga nel mondo virtuale, rifiutando una vita tradizionale, intessuta di rapporti diretti con genitori e amici, e coltivando solo rapporti mediati dalla rete. Se non fosse per il soddisfacimento di alcuni bisogni elementari essi sparirebbero felicemente o infelicemente nel ciberspazio. Ma tentativi di fuga nel virtuale sono compiuti anche da casalinghe demoralizzate o da professionisti delusi: costoro si creano una falsa identità più gratificante di quella che devono offrire ogni giorno alla famiglia e al prossimo e finché sono connessi dimenticano le loro frustrazioni. Perciò stanno in Internet per molte ore ogni giorno, rinunciando a vivere la vita reale per vivere una vita virtuale.
Si tratta di fenomeni ' psicotecnologici' di grande rilievo. L’uomo è una creatura della comunicazione: la sua struttura corporea e la sua intelligenza si sono co- evolute in stretta interazione con l’ambiente e ne è scaturito un apparato neuro- sensoriale e cognitivo che filtra le stimolazioni della realtà e costruisce il mondo da noi percepito, che è diverso da quello di ogni altra specie. Su questo apparato, come abbiamo scoperto negli ultimi sessant’anni, s’innesta la tecnologia ( specie quella informazionale), la quale prolunga l’evoluzione biologica in un’evoluzione biotecnologica, modifica le categorie fondamentali della percezione e della cognizione e influisce anche sulle emozioni. Lungi dall’essere un fenomeno superficiale, la tecnologia incide dunque sul nostro modo di vedere il mondo e sulla nostra essenza cognitiva ed emotiva più riposta. Così le ' macchine della mente', dalla Tv ai cellulari, dai computer a Internet, si insinuano in un sistema neuro- percettivo che sembra fatto apposta per accoglierle, dando luogo ad effetti a medio e lungo termine che solo ora cominciamo a intravvedere e che coinvolgono anche la strutturazione delle connessioni cerebrali. La naturalità con cui la tecnologia della comunicazione si salda con la psicologia ha anche basi neurologiche: il piacere che ciascuno di noi prova nell’interazione dialogica con gli altri provoca un rilascio di mediatori cerebrali, le endorfine, che sono associate alle attività piacevoli. È probabilmente questo meccanismo biochimico che sta alla base dell’assuefazione e della dipendenza dalla comunicazione virtuale, per esempio tramite le reti sociali: avere a disposizione un mondo senza limiti, di facile accesso, con platee sterminate di interlocutori a costo praticamente nullo provoca forti scariche endorfiniche e quindi un piacere al quale è sempre più difficile rinunciare. Prendere a botte questi ' intossicati' non è certo la soluzione: prima di tutto bisognerebbe cercare di capire bene il problema.