UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Relazioni forti, parrocchie aperte

Il Presidente della Commissione Episcopale per la cultura e le comunicazioni sociali, Mons. Claudio Giuliodori, risponde alle domande di Avvenire sul tema della prossima Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, «Comunicazione al servizio di un’autentica cultu­ra dell’incontro».
8 Ottobre 2013
È come una sintesi dei primi mesi di pontificato di Fran­cesco. Il tema della Giorna­ta mondiale delle comunicazio­ni sociali 2014, «Comunicazione al servizio di un’autentica cultu­ra dell’incontro», coglie «una del­le linee di fondo indicate da pa­pa Bergoglio: è quella del richia­mo alla relazione e alla cura del­la persona che sul fronte della co­municazione si traduce nell’at­tenzione all’uomo e nell’invito al dialogo», spiega il vescovo Clau­dio Giuliodori, assistente eccle­siastico dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e presidente del­la Commissione episcopale per la cultura e le comunicazioni so­ciali della Cei.

Eccellenza, quali vie percorrere per coniugare cultura massme­diale e cultura dell’incontro in parrocchia?
Mi sembra che dal tema della Giornata giunga una sollecitazio­ne a rivedere le modalità relazio­nali delle nostre comunità che a volte sono deboli nelle comuni­cazioni sociali ma forti nelle re­lazioni. Se la Chiesa, soprattutto in Italia, è ancora oggi una pre­senza molto viva, lo si deve al fat­to che le parrocchie sono ricche di rapporti umani. Da qui occor­re partire perché si rafforzi il le­game fra le dinamiche relazio­na­li e la comunicazione che non può essere ridotta soltanto all’u­so degli strumenti ma è un servi­zio prezioso che consente di al­largare la dimensione dell’in­contro con l’altro. E l’altro può essere il vicino, ma anche chi ha mentalità o visioni non imme­diatamente riconducibili a un’e­sperienza di fede.

Negli ultimi anni la Giornata ha fatto riferimento al web. Papa Francesco utilizza spesso Twit­ter. E il tema del 2014 rimanda ai social network. Come abitarli?
Le reti sociali hanno cambiato la prospettiva della comunicazio­ne. Perché tutti gli agenti della Re­te possono essere fornitori di contenuti. Di fronte a questa tra­sformazione, la Chiesa non si sente spiazzata. Anzi, trova nei social network una dinamica connaturale al suo essere sog­getto di comunione e di frater­nità. Nella comunità ecclesiale, come ha evidenziato il Papa an­che ad Assisi, tutti siamo membri attivi e responsabili. In questo senso le reti sociali ci consegna­no una piattaforma che ben si concilia con un cammino di co­munione e che può dare slancio al dialogo fra la Chiesa e il mon­do. Certo, tutto ciò non è esente da rischi o ambiguità.

Come essere «autentici» dentro i media?
È una grande sfida. Talvolta è dif­ficile capire chi si muove dietro alcune campagne o messaggi. Per il cristiano, questa ambiguità non è tollerabile. La comunica­zione della Chiesa è credibile se trasmette quanto si vive nell’in­contro personale con Cristo e nel cammino ecclesiale.

Papa Francesco sta facendo breccia nella gente anche grazie al suo stile comunicativo. Quale spinta giunge?
Quando ad Assisi il Papa consiglia che le omelie non siano intermi­nabili e noiose, ci lancia un mes­saggio dalla forza dirompente. Con i suoi interventi il Pontefice ci richiama all’efficacia comuni­cativa. E lui ci sta dando un e­sempio con la sua immediatezza e la sua semplicità, con la capa­cità di elaborare un linguaggio a­derente all’esperienza delle per­sone, sempre incarnato nella vi­ta.

Un modello da cui attingere.
Direi che papa Francesco ci offre la testimonianza di un grande co­municatore. Ma non perché sa ben usare gli artifici della comu­nicazione, bensì perché il suo cuore parla attraverso la sua vo­ce e i suoi gesti. Ed è sempre un grande afflato spirituale quello che arriva dalle sue espressioni. Tutti, anche i più lontani, lo col­gono e ne sono profondamente toccati.