UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Riscoprire la pazienza
nell'era di internet

La neve sta scendendo qui sulle foreste che ricoprono la parte settentrionale dell’Ontario (Canada). Tengo acceso il fuoco nel camino ogni giorno e cerco di portar pazienza tutte le volte che una bufera di vento o di neve fa saltare l’elettricità.
19 Dicembre 2011
La neve sta scendendo qui sulle foreste che ricoprono la parte settentrionale dell’Ontario (Canada). Tengo acceso il fuoco nel camino ogni giorno e cerco di portar pazienza tutte le volte che una bufera di vento o di neve fa saltare l’elettricità. L’Inizio dell’inverno e della primavera sono di solito i periodi più tremendi per le tempeste. Odio quando il mio virtuale cordone ombelicale col mondo si interrompe. Questa mia impazienza, che salta fuori tutte le volte che la natura interferisce con la mia vita piena e strapiena di impegni, mi è di lezione. Che io debba ripassare questa lezione ogni anno in Avvento e in Quaresima è una coincidenza interessante. La nostra è una società opulenta. E anche morente. Da quando nasciamo fino alla nostra morte ci induce a evitare in ogni modo la sofferenza o a ricorrere a rimedi costosi, specialmente calmanti e anestetici. Non occorre ribadire che nessuno cerca volontariamente il dolore. Ma l’altra metà dell’equazione, che nel linguaggio della fisica matematica si definisce quark, è che gioia e dolore sono inscindibilmente mescolati. Fino al nostro ultimo respiro in questo mondo, continueremo a fare i conti con alti e bassi, quiete e tempesta, grazie e disgrazie, in breve: prove e tribolazioni. In qualunque modo la definiamo, questa evidenza rimane: il santo volere di Dio è che non attraverseremo la vita come se fossimo sigillati ermeticamente e a comparti stagni, come quei costosi bus per turisti; viviamo, invece, esposti a tutti i pericoli dell’esistenza. Egli sa che questa condizione è in definitiva un grande bene per noi, se non ci perdiamo d’animo, se non scappiamo via. Egli sa che noi siamo più forti di quello che pensiamo di essere. Egli sa che possiamo essere più forti di ogni cosa se lui vive in noi e noi in lui. Quando arriveremo a comprendere questo, non saremo più spaventati o ipnotizzati dal male, e non saremo paralizzati dallo scoraggiamento. L’Avvento è il tempo per imparare a fare questo col sostegno della grazia. È il periodo in cui impariamo a portare con maggiore dignità il peso della nostra debolezza di creature e a scoprire vittorie inaspettate. Ma eccoci qui, paracadutati in un momento e luogo particolare della storia, una condizione che è segnata, evidentemente, da una specifica esperienza di pena. E in più facciamo parte di un contesto culturale che satura la nostra coscienza e ridefinisce continuamente cosa sia la realtà. Una delle conseguenze negative di Internet è, per esempio, che le nostre percezioni di tempo ed eternità sono deformate, quando non vengono completamente escluse. Siamo inondati da stimoli estremamente potenti, che non hanno precedenti nella storia dell’umanità, nell’intera storia dell’umanità, nell’intera storia del cervello umano. Questo mutamento radicale è avvenuto nell’arco di tempo di una singola generazione. Si può definirla la generazione di Internet, per come essa interiormente percepisce e fa esperienza del mondo esteriore. Interazione cibernetica. Relazioni private virtuali. L’apparente connessione a una comunità globale che Internet ci mette a disposizione è una comunione genuina o ci offre una pseudo-comunione pericolosamente ingannevole? Ci sta sconnettendo anche se ci promette di connetterci? Si tratta semplicemente di un nuovo strumento di comunicazione, o è il palantir, la «Pietra Veggente» del romanzo Il signore degli anelli di Tolkien, che apre le porte della nostra mente e della nostra anima alla vista del «Signore Oscuro» appena tocchiamo un tasto del computer? Il senso del palantir mirava alla comunicazione, a trascendere i limiti della vista e dell’udito umano, a dissolvere le distanze e annullare la separazione. Ma a cosa tende questo potere appena scoperto, questa conoscenza istantanea del bene e del male? Perché è comparso in modo così repentino e si è propagato ovunque? Perché rende così assuefatti i suoi devoti? È innegabile che sia uno strumento con un enorme potenziale positivo. Ma è altrettanto innegabile che sia uno strumento in grado di fare molto male. Internet non è buono o cattivo in sé. Il male non può essere creato. Nessuna cosa creata è malvagia. Come dice il Signore, non quello che entra nella bocca rende impuro l’uomo, ma quello che esce dalla bocca rende impuro l’uomo. Ciò nonostante, dobbiamo sempre valutare se gli strumenti che usiamo ci predispongono al bene o al male. Fanno sì che sia più facile per noi avvicinarsi al bene o lo rendono più difficile? Ciò che chiedo è questo: ci sono altre conseguenze dell’onnipresenza di una cultura virtuale, oltre ai suoi evidenti effetti positivi e negativi? Forse avremo una percezione più chiara della questione, e troveremo una risposta, quando spegneremo tutte le macchine e usciremo nell’aria pungente a camminare tra le meraviglie della natura. Forse, camminando, incontreremo una famiglia in viaggio attraverso le colline innevate, sfinita e bisognosa, che cerca una stella ed è accompagnata da una stella mai vista. Seguiamoli.