UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Riviste missionarie, il futuro oltre la crisi

Da «Nigrizia» a «Missione oggi», da «Popoli» a «Mondo e missione», Avvenire racconta come le testate storiche dell’informazione in Italia rispondono alle difficoltà economiche e alle sfide del Web. E c’è chi lancia l’ipotesi di una maggiore sinergia...
 
6 Settembre 2012
Un tempo erano le avanguar­die: radicali sul fronte del messaggio evangelico, pio­niere nell’attenzione, anche me­diatica, verso quel 'terzo mondo' che hanno contribuito a rappre­sentare in modo meno stereotipa­to e più profondo. Le riviste mis­sionarie, alcune delle quali dalla storia ultracentenaria, costituisco­no un’esperienza fondamentale al­l’interno del panorama informati­vo italiano: con il loro sguardo 'di prima mano' sugli esteri e su tan­te frontiere riconosciute spesso in anticipo – dal variegato fronte dei diritti umani al dialogo tra fedi e culture –, esse rappresentano un patrimonio a cui anche il resto del­la comunicazione continua a guar­dare e ad attingere. Eppure, anche la stampa missio­naria oggi si trova a fare i conti con le sfide epocali lanciate da una con­temporaneità complessa: quella della crisi economica, che stringe forzatamente i cordoni della borsa (a maggior ragione per iniziative che non siano decisamente 'pro­fit'), ma anche quella, ben più profonda e strutturale, dei nuovi media, che stanno forgiando uno scenario comunicativo inedito, in cui non sono cambiate solo le mo­dalità di trasmissione delle notizie, ma anche gli stessi attori dell’infor­mazione: basti pensare ai social media come Facebook o Twitter. In questo contesto completamente ri­voluzionato, allora, c’è ancora spa­zio per le riviste 'dei missionari'?
La provocazione è stata lanciata proprio dalla più antica testata ita­liana del settore, il mensile del Pi­me
Mondo e Missione
diretto da Ge­rolamo Fazzini , che alla spinosa questione ha dedicato il servizio speciale dell’ultimo numero. A par­tire anche da alcuni dati inequivo­cabili: la scelta di qualcuno di ces­sare le pubblicazioni, come Afriche
della Sma e Missioni Francescane, o quella di diradare le uscite, com­piuta ad esempio da Amico (rivista per ragazzi della Consolata) o da Missionari del Pime . «Perché e co­me continuare a fare informazione e comunicazione missionaria oggi? Con quali obiettivi?», è stata la do­manda di partenza, rilanciata da Mondo e Missione (che oggi distri­buisce in media 7.500 copie men­sili) in primis agli altri protagonisti di questo variegato mondo, in cui o­pera un numero notevole di gior­nalisti professionisti.
«Noi abbiamo un approccio al­l’informazione non consumistico, che cerca di essere più aderente al­la verità e più approfondito, a so­stegno di stili nuovi di vita. Abbia­mo ancora una parola diversa da dire», mette in chiaro padre Luigi Anataloni , coordinatore della Fe­derazione della stampa missiona­ria italiana (Fesmi, che riunisce 42 testate) e direttore di Missioni Con­solata (53 mila copie, inviate a chi fa donazioni all’istituto). Senza però negare l’entità delle difficoltà da affrontare: «Abbiamo calcolato che, con l’innalzamento delle ta­riffe postali, le riviste della Fesmi pagano un milione di euro in più alle poste», tanto per dirne una. Ma c’è dell’altro: l’essere «ancora trop­po deboli sull’on-line», ad esem­pio, o non riuscire a «proporre u­na maggiore collaborazione tra le riviste, senza che ciascuno perda la propria identità».
I numeri, tutti insieme, in effetti sarebbero da 'massa critica': cen­tinaia di migliaia di lettori – tra cui quelli delle testate di Missio, l’or­ganismo della Cei per la pastorale missionaria: Popoli e Missione, Il ponte d’oro e La strada , dirette dal comboniano Giulio Albanese –, accomunati da una forte sensibi­lità ai temi della promozione u­mana e della giustizia. Ma unire le specificità dei sin­goli istituti, diversi dei qua­li realizzano più di una pubblicazione, non è faci­le. E, per certi versi, sareb­be un impoverimento.
«Oggi riusciamo a far circo­lare molta più informazio­ne, ma la rivista soffre», rac­conta padre Franco Moret­ti, fino a luglio direttore della com­boniana Nigrizia (18 mila copie di tiratura, 12.500 delle quali in abbo­namento). In compenso, le realtà riunite oggi nella Fondazione Ni­grizia sono variegate e interessan­ti: tra l’altro ci sono i siti Nigrizia.it e Bandapm.it, Afriradio, il Centro di produzione audio e video… «Ci vorrebbe un giornalista qualificato a tempo pieno anche per l’on-line - sostiene padre Moretti - ma costa troppo». Il budget - con la difficoltà nella raccolta pubblicitaria e il ca­lo delle donazioni, effetti della cri­si - è senz’altro il tallone d’Achil­le comune. Ma la forza del mes­saggio non smette di cercare vie di espressione. Con le sue 2.500 copie (di cui 2.000 in abbona­mento), Missione Oggi, dei Save­riani, è la più piccola tra le riviste missionarie italiane: «Non è un magazine di attualità, ma un pe­riodico di riflessione e di opinio­ne che si è progressivamente ri­cavato un suo spazio», spiega il direttore, padre Mario Menin. Il pubblico? Soprattutto «gente di un buon livello culturale, impe­gnata nell’ambiente ecclesiale, in movimenti di solidarietà, in cam­pagne per la pace e la giustizia».
Orientata sul Continente nero è in­vece Africa, la rivista dei Padri Bian­chi. Con un occhio alternativo: si raccontano «i volti meno conosciuti e più curiosi dell’Africa, con uno sguardo sulle Chiese del Continen­te. L’idea è di staccarci dai cliché di un’Africa fatta di povertà e trage­die », racconta il direttore padre Paolo Costantini . Per farlo, si spe­rimentano anche strumenti nuovi, come il concorso fotografico 'Afri­ca in movimento', che permette al pubblico di votare le immagini più belle tramite Facebook.
Proprio le nuove tecnologie sono uno dei fronti su cui sta provando a misurarsi Popoli, (6 mila copie, quasi tutte in abbonamento) la te­stata dei gesuiti, un 'editore' un po’ peculiare nel panorama missiona­rio, come nota il direttore Stefano Femminis : «Il nostro taglio più ge­neralista e in qualche modo più 'laico' ci consente di entrare in contatto con una fascia di lettori non necessariamente inseriti nella vita ecclesiale». Una linea che si ri­flette nelle scelte fatte in campo multimediale: circa 2.300 persone sono in contatto con Popoli attra­verso Facebook e Twitter, mentre 1.500 sono iscritte alla newsletter settimanale. «Nel 2011 siamo stati la prima rivista cattolica italiana ad attivare su iPad un’edizione bime­strale », continua Femminis. Bilan­cio? «Luci e ombre. Da un lato sem­bra strategico essere presenti in un mondo dalle grandi potenzialità di crescita. Dall’altro, una presenza in­cisiva richiederebbe investimenti che sembrano fuori portata». E al­lora, come istituti missionari, «per­ché non provare a unire forze e competenze in un settore total­mente nuovo come questo?».