UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Rivoluzione digitale, il dovere dell'annuncio

Il punto sulle sfide globali che atten­dono i media cattolici è stato fatto ieri nella sessione di apertura del V convegno organizzato dal Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali e ispirato al tema del messaggio per la Giornata mondia­le 2011: Verità, annuncio e autenticità di vita nell’era di­gitale.
5 Ottobre 2010
La notizia corre sul web. O resta fissa sulla carta. Passa su schermi e onde radio. Finisce in archivi e database. Viene strizzata, ingigantita. a volte a sca­pito della realtà dei fatti. Insomma fluttua in quella di­mensione che è stata definita crossmedialità, l’intera­zione tra i vari mass media. Quale spazio, quale stile e quale ruolo giocano la stampa cattolica in questo sce­nario caratterizzato dalla svolta digitale che a molti – soprattutto al di là dell’Atlantico – ha fatto preconizza­re una rapida scomparsa dei giornali cartacei? Il punto sul futuro della stampa e sulle sfide globali che atten­dono i media cattolici del settore è stato fatto ieri nella sessione di apertura del quinto convegno organizzato dal Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali e ispirato al tema del messaggio per la Giornata mondia­le 2011: Verità, annuncio e autenticità di vita nell’era di­gitale.
E il rapporto tra vita e media è stato al centro. Dappri­ma con la disamina su numeri e tendenze fatta dalla studiosa americana Amy Mitchell e dal vicedirettore del quotidiano leader d’Austria Michael Prüller. Poi gli interventi dalla sala, soprattutto di africani, asiatici e sudamericani – i partecipanti pro­vengono da 85 Paesi – che si sono confrontati con la realtà occidentale (in attesa di essere protagonisti nel­la sessione di oggi). Infine le relazioni di quattro diret­tori. Di quotidiani: Marco Tarquinio (Avvenire) e Do­minique Quinio (La Croix, Francia). Di settimanali: Mi­chael Rutz (Reinischer Merkur, Germania) e di un grup­po editoriale, Greg Erlandson (presidente di Our Sun­day Visitor, Usa). «Stiamo vivendo in un momento storico nel quale la stessa stampa laica si interroga sul proprio futuro. Ma è anche vero che la stampa cattolica sta affrontando nu­merose sfide legate proprio alla sua specificità», alla sua missione e identità da coniugare in una prospettiva di servizio, ha detto nel saluto di apertura il presidente del Pontificio Consiglio, monsignor Claudio Maria Celli. Con un’attenzione a un «articolato, serio e rispettoso dialogo interculturale». Ma anche a far risplendere «sen­za timore la verità integrale sull’uomo». E stimolare a u­na «rigorosa e corretta» informazione religiosa, non sem­pre portata avanti dai media laici. Ad alcune emergenze mediatiche che hanno visto la Chiesa sotto accusa – dalla pedofilia, alla lotta all’Aids – hanno fatto riferimento sia Celli, sia Tarquinio, Quino ed Erlandson. Il direttore di Avvenire ha denunciato un «impressionante snobismo mediatico» che relega in se­condo piano notizie, pure rilevanti, che parlano della Chiesa. È capitato appena ieri alla visita del Papa a Pa­lermo. «Duecentomila persone attorno a lui, parole e ge­sti significativi sono finiti nelle retrovie dei notiziari». Mentre qualcuno ha dato spazio in prima pagina «al ve­ro o presunto ritorno dei druidi». Insomma, si discet­terà a lungo di piattaforme multimediali e di vittoria fi­nale del web (Tarquinio non crede che passerà presto l’epoca dei «mezzi anfibi», un po’ carta un po’ clic). Ma un fatto è certo: la credibilità del giornalismo (cattolico o meno) regge o crolla sui contenuti. E se spesso si rin­corre il futile, la Quinio parla dello sforzo di «mettere le cose nel loro contesto, togliere ciò che è inutile, per far risaltare i fatti». Guardandoli anche con una prospetti­va di speranza per quanto bui possano essere. Nella ra­pidità del sistema delle news, poi, è necessario «essere presenti» con «messaggi e messaggeri di prim’ordine» che sappiano fornire informazioni in modo competen­te e chiaro, ha ricordato Rutz. Erlandson, infine, ha de­nunciato la mancanza di conoscenza della propria fe­de, l’erosione dell’identità cattolica e la sfiducia nelle i­stituzioni. «Da noi la Chiesa è vista come tale. Gli ame­ricani sono prima americani e poi cattolici. Sfortunata­mente la crisi degli abusi sessuali è scoppiata con un tempismo tale da far peggiorare le cose».