A poco più di un anno dalla sua improvvisa e prematura scomparsa questo giovane dj e music-maker svedese riappare sui mercati con questo album postumo.
Nella primavera dell’anno scorso il biondo svedesino – vero nome Tim Bergling - stava lavorando a queste nuove canzoni, anzi, molte erano già praticamente ultimate, compresa Heaven, scritta a quattro mani con Chris Martin dei Coldplay.
È un ascolto che ovviamente fa effetto, genera molte sensazioni struggenti, e amplifica il rammarico per questa perdita: canzoni solari e piene di vita anche se più di un passaggio di qualche testo, ascoltato oggi, suona quasi come una triste premonizione.
Nessuno può dire quale oscuro malessere abbia stroncato la vita di questo artista non ancora trentenne, né cosa l’abbia spinto al suicidio quand’era all’incipit di una carriera già gravida di soddisfazioni. Certo è che i genitori hanno deciso di devolvere il ricavato di questo album alla “Tim Berling Foundation” da loro voluta allo scopo di contribuire a combattere i disturbi mentali e di prevenirne gli effetti più tragici sui giovani. Anche per questo la pubblicazione di questo album non suona né pretestuosa né smaccatamente opportunista: un omaggio commosso e malinconico ad un artista fragile, ma che, paradossalmente, ha sempre creduto nel valore terapeutico della musica e delle canzoni.
Quanto all'album è gradevole e ben rifinito. I fan vi troveranno certo buon nutrimento per le loro orecchie, per quel suo sapiente alternare e mischiare frizzanti ritmi elettronici e melodie ariose, energie molto dance e orecchiabilità indiscutibilmente pop. È proprio grazie a questa formula che Avicii aveva raggiunto il successo: così plebiscitario e repentino, da risultargli impossibile da gestire con serenità. Riposa in pace, Tim.
Franz Coriasco