L’amore e la violenza non sono poi così incompatibili o opposti come certi cliché raccontano. Non mi riferisco certo alle costanti tragedie che le cronache ci scodellano ogni giorno, ma a questo nuovo album di Francesco Bianconi e dei suoi sodali, una delle realtà più vivide e personali della musica d’autore italiana di questi ultimi anni.
Se nel primo volume la band sviscerava la relazione fra i due ambiti inabissandosi in un fascinoso mix crepuscolare, qui è concentrata quasi esclusivamente sull’amore, inteso ovviamente in tutte le sue infinite declinazioni. E se nell’album precedente il sound non disdegnava coraggiose immersioni sperimentali, qui tutto (o quasi) suona più semplice, lineare, d’impatto immediato. Ma l’amore ha a sua volta risvolti narrativi scuri, dolorosi e drammatici. Chiunque abbia amato sul serio lo sa, e basta un ascolto per realizzare che è soprattutto di questo che Bianconi e i suoi cantano…
Detto questo l’album appare nelle sonorità più pop e immediato del precedente. Pur mantenendo l’approccio elettronico, i Baustelle perdono un po’ di coraggio avanguardista, ma guadagnano in immediatezza e forza comunicativa; del resto il sottotitolo - “dodici nuovi pezzi facili” – la dice lunga.
Sommando il tutto direi che questo il ottavo album del trio toscano (cui va aggiunto un live) resta più che mai un punto di riferimento dell’indie-rock italico, ma ha smesso definitivamente i panni del gruppo di culto, per indossare quelli della band d’alta classifica: ma si tratta solo di una nuova tappa di una maturazione espressiva, non di un tradimento.
(Franz Coriasco)