UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

BRUCE SPRINGSTEEN: “Western Stars” (Columbia)

L’eterno Bruce torna con un disco per molti versi spiazzante...
17 Giugno 2019

Il Boss che non t’aspetti. Dopo cinque anni di sostanziale silenzio, all’alba dei settant’anni, l’eterno Bruce torna con un disco per molti versi spiazzante: 13 nuove canzoni ispirate al grande pop statunitense (californiano soprattutto) dei tardi anni Sessanta e primi Settanta.
Uno Springsteen insolitamente melodico – più vicino a Bacharach che a Dylan, per intenderci – anche se l’imprinting conserva gran parte di ciò lo ha sempre caratterizzato: l’inconfondibile voce ovviamente, ma anche il gusto di raccontare storie di perdenti e disillusi, con l’enfasi epica delle sue ballate migliori. È il vestito che cambia, sorprendendo i vecchi fans, ma senza rinnegare l’essenza che da sempre li lega al loro eroe in una relazione che tuttora conferma una solidità e un’affinità sentimentale unica nel music-business odierno.
Le nuove canzoni hanno un aroma vintage che richiama ora il western swing ora il pop orchestrale à la Bacharach appunto, ora Harry Nilsson e Billy Joel, ora Roy Orbison.
Quanto alla galleria di personaggi che popolano i testi c’è di tutto: vecchi attori e autostoppisti, camionisti, baristi… Li accomuna un’amarezza esistenziale che è poi quella di tanta America trumpista, figlia di un’opulenza andata a male o marinata nella solitudine del cuore. Testi potenti e pervasi da una tragicità esistenziale che è figlia di un vuoto (valoriale, soprattutto) che niente e nessuno sembrerebbe più riuscire a colmare.
Un altro piccolo capolavoro, anomalo e inaspettato, ma anche per questo forse ancor più fascinoso.

Franz Coriasco