Il cantautore calabrese è forse uno degli eredi più credibili dei grandi cantautori, i classici degli anni Settanta, da De Gregori a Lucio Dalla, per intendersi, anche se deve ancora fare un po’ di strada per raggiungere i loro vertici.
Semplice e profondo: così è l’universo espressivo di questo cantautore calabrese, lontanissimo dai cliché che oggi dominano il pop contemporaneo, ingolfato quasi esclusivamente di invettive di rap o di sbrodolate di melassa sentimentale.
Un po’ surrealista, un po’ naif, dotato di un certo sense of humour sarcastico, ma anche capace di tenerezze poetiche; giacché oltre ai due succitati Dario Brunori ha preso anche un po’ da Vecchioni e un po’ dal conterraneo Rino Gaetano.
Testi elementari nel lessico, ma mai banali né retorici nei contenuti, per dire e veicolare valori importanti, in grado d’arrivare alle orecchie degli operai e degli intellettuali, agli studenti e ai pensionati: Brunori è uno che spazia dai sentimenti alla sociologia, dalla politica alla condizione umana in senso lato. Non a caso qualcuno ha definito il suo stile “pop generalista”, e in fondo la definizione gli s’adatta: almeno nel senso che la sua è una poetica universale, che non s’arrocca nelle torri d’avorio di certi scorbutici divi della canzone, e che quando racconta il proprio personale e le proprie intimità non è per farne omelie da maestro di pensiero, ma soprattutto per il gusto di metterle in comune. Basta non cominci a prendersi troppo sul serio…
Franz Coriasco