Il più anomalo dei nostri cantautori è ridisceso in pista con un disco che è innanzi tutto un racconto autobiografico concentrato sulle sue radici e in particolare il suo rapporto con la madre.
Ex leader della punk band dei CCCP, oggi solista a mezza via tra il mistico, il poeta e l’intellettuale, Ferretti centrifuga note e parole di grande suggestione. Non un prodotto da classifica ovviamente, d’ascolto a tratti impervio o comunque lontanissimo dai cliché imperanti; ma un disco di quelli di cui, in quest’epoca di banalismi balneari, in tanti sentono un gran bisogno. Del resto il Nostro non è mai stato incline a patteggiamenti di sorta con i desiderata dei mercati.
Qui siamo dalle parti del folk d’autore, quello che salda la ruspanteria genuinamente popolare alla poesia colta e alle tradizioni della religiosità appenninica; e a sorreggere le affabulazioni, sonorità e atmosfere minimali, con la fisarmonica e il violino quasi sempre protagonisti. L’album - tutto giocato nell’alternanza di racconti e canzoni, dove l’italiano s’incrocia col dialetto e il latino ecclesiastico - è stato registrato dal vivo nella chiesa di San Pietro a Reggio Emilia alla fine dello scorso anno. Un prodotto per tanti ma non per tutti che conferma Giovanni Lindo Ferretti un irregolare a sé stante, un pezzo unico e irripetibile della nostra scena musicale: adorabile, incompreso, o insopportabile a seconda dei gusti e dei punti di vista.
(Franz Coriasco)