Diciassette brani per oltre 75 minuti di musica compongono il terzo album di questo cantante, musicista e produttore londinese, una delle presenze più originali del pop contemporaneo.
Sulle scene dalla fine dello scorso decennio, James si esprime nell’ambito dell’elettronica, con l’ambient e il soul futuribile come orizzonti stilistici di riferimento. Ma le sue sono tutt’altro che “canzoni facili”. Perché Blake è un cantautore davvero atipico, lontanissimo dagli stereotipi del pop da classifica e dotato di una timbrica vocale che ricorda l’enfasi quasi lirica dei falsetti di Antony Hegarthy o le iperboli melodiche del compianto Jeff Buckley. La sua offerta non consente molte vie di mezzo: in genere o la si ama alla follia o la si ritiene insopportabilmente noiosa. Per quel che mi riguarda credo che album del genere meritino comunque visibilità e apprezzamento proprio per la loro suprema indifferenza verso ciò che oggi chiedono i mercati; di certo saprà ammaliare quanti alla musica chiedono innanzi tutto suggestioni e spiazzamenti dai canoni estetici dominanti. Costruite con una maniacale cura del dettaglio queste nuove canzoni sono un piccolo monumento al minimalismo, ed anche se alla fine l’impatto potrebbe risultare troppo algido ai più, il giovanotto ha confermato una volta di più d’aver talento e idee sufficienti per domare gli infidi marosi del music-business odierno.
(Franz Coriasco)