Un album, almeno in apparenza tutto nel segno del gospel e della christian-music per sancire la chiacchierata svolta religiosa del celeberrimo rapper di Chicago.
Tralasciando le storiche stravaganze della popstar statunitense, l’album ha infastidito parecchi per l’approccio da missionario-miliardario non troppo credibile stando al curriculum e all’ego strabordante del Nostro; ma non è questa la sede più adatta per entrare nel merito, né il sottoscritto il più adatto a farlo. Limitiamoci perciò a raccontare quest’opera, sottolineandone, tanto per cominciare, la brevità: 11 tracce per meno di mezz’ora di musica. Detto questo la rutilante creatività del genietto new-yorkese trova tra queste canzoni sembianze neppur troppo diverse da quelle che hanno caratterizzato i suoi precedenti lavori, compresi certi richiami religiosi che già trapuntavano tanti suoi vecchi brani. Solo che qui – ed è la prima volta, per Kanye – i testi non gli valgono l’etichetta “explicit lyrics” con la quale vengono bollati i dischi caratterizzati da un lessico vernacolare. Al di là dell’ambiguità di fondo, nel complesso questo Jesus is King è un disco intrigante ma un po’ discontinuo, dove sfavillano alcuni gioielli accanto a composizioni di routine.
Su tutto il resto, credo sia opportuno lasciare perlomeno che il Tempo faccia il suo lavoro prima d’emettere qualunque ulteriore verdetto: tanto più che in quest’ambito le conversioni eclatanti rappresentano spesso un passaggio e non il definitivo approdo di una carriera o di una svolta esistenziale.
Franz Coriasco