UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Niccolò Fabi

A volte nella carriera di un cantautore di successo arriva il momento di evadere dai cliché e dalle convenzioni del proprio lavoro per tornare all’essen zialità della propria vocazione d’artista. Al buon Fabi è accaduto di recente, e il risultato è questo originale progetto (autofinanziato...) dove il nostro è riuscito a coinvolgere un manipolo di […]
21 Maggio 2009

A volte nella carriera di un cantautore di successo arriva il momento di evadere dai cliché e dalle convenzioni del proprio lavoro per tornare all’essen zialità della propria vocazione d’artista. Al buon Fabi è accaduto di recente, e il risultato è questo originale progetto (autofinanziato...) dove il nostro è riuscito a coinvolgere un manipolo di colleghi appartenenti alle più diverse scuole espressive. A loro Fabi ha affidato una piccola cellula compositiva (poco più di un giro d’accordi in re minore a 124 bpm) chiedendo d’esprimere in piena libertà i propri sentimenti sul tema della violenza. Di fatto ne è scaturita una specie di suite in sette movimenti, dove sotto la “regia” del cantautore romano s’incrociano gli estremismi rockettari dei Mokadelic e l’intimismo di Roberto Angelini, gli sperimentalismi post-rock di Boosta dei Subsonica e i guizzi etnici dell’Artale Afro Percussion Band, le raffinate archi tetture dello Gnu Quartet e i voli lirici di Olivia Salvadori. Un bel modo – e certo più efficace di mille discorsi – per ribadire quanto la musica possa contribuire ad avvicinare gli esseri umani facendo di ogni reciproca diversità un tesoro da scoprire.