UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

PEARL JAM: “Lightning Bolt” (Universal)

A quattro anni dal precedente Backspacer Eddie Vedder e soci sanno ancora picchiar duro, ma lo fanno in modo assai più educato di un tempo; eppure in alcuni brani – come lo splendido singolo apripista Sirens, la delicata Yellow Moon, o la conclusiva Future days – rivelano un'immutata capacità di regalare fremiti ed emozioni tipiche dei migliori episodi dell'epica rockettara.
18 Novembre 2013
La band di Seattle incarna, forse più d'ogni altra, ciò che un tempo si definiva lo spirito rock.
            A quattro anni dal precedente Backspacer Eddie Vedder e soci sanno ancora picchiar duro, ma lo fanno in modo assai più educato di un tempo; eppure in alcuni brani – come lo splendido singolo apripista Sirens, la delicata Yellow Moon, o la conclusiva Future days – rivelano un'immutata capacità di regalare fremiti ed emozioni tipiche dei migliori episodi dell'epica rockettara.
            Come il titolo sottintende, l'album più atteso di questa stagione arriva alle orecchie come una scossa elettrica: una dozzina di rock-ballads ruspanti, viscerali, folkeggianti in più di un'episodio, ma certo assai meno ruvide di quelle dei loro esordi. Anche per questo qualcuno ha storto il naso, accusando Vedder e i suoi di una certa collusione con gli imperativi del pop di massa. Ma se Lightning Bolt suona molto più “pulitino” e “frenato” dei loro capolavori grunge, resta comunque un signor disco, buono per esser sparato a tutto volume, magari da un autoradio in un lungo viaggio autostradale. In sintesi: un album onesto e ben strutturato che difficilmente diverrà un classico, pur dimostrando perfettamente tutta la classicità acquisita dal rock del Terzo Millennio.   (Franz Coriasco)