UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

RENATO ZERO: “Zero il folle” (Tattica)

Un buon disco di pop d’autore, con l’imprinting inconfondibile di un artista che, giunto ormai in vista dei 70, cerca di mantenere l’essenza del proprio stile.
14 Ottobre 2019

A due anni e mezzo di distanza dal precedente Zerovskij  il re dei sorcini ridiscende nell’arena dei certamen discografici con questo suo ennesimo album, come da copione subito in testa alle classifiche nostrane.

Assurdo pretendere altro da ciò che il Nostro è sempre stato: un istrione di gran talento, un predicatore laico che coniuga populismi elementari e retorica, ruspanteria simil borgatara e qualche guizzo da cantautore di più alto profilo.

Le tredici nuove canzoni si lasciano alle spalle il pop sinfonico del precedente lavoro per tornare al taglio cantautorale più ortodosso, con una rinnovata passione per le ballate.

Registrato a Londra con un producer di gran lusso come Trevor Horn, con un paio di ex Dire Straits fra gli ospiti e co-autori, Zero il folle è un buon disco di pop d’autore, con l’imprinting inconfondibile di un artista che, giunto ormai in vista dei 70, cerca di mantenere l’essenza del proprio stile, sostituendo le carnevalate di un tempo con un approccio più riflessivo al passato (suo e del mondo) e al presente che lo - e ci - circonda. Con un paio di brani a svettare sugli altri: Ufficio Reclami, intrigante pinzimonio sonoro che ricorda la rutilanza pop dei Queen, e la conclusiva title-track, efficace autoritratto che centrifuga rimpianti e ansie d’eternità.

Anche se nel sound spesso echeggiano atmosfere anni Ottanta, emerge dai solchi più il Fiacchini odierno che non lo Zero impaillettato dei suoi anni ruggenti, ma in questa precaria alternanza/equilibrio tra i due Renato, il dischetto si srotola gradevole: per gioia degli irriducibili fan, e l’indifferenza dei loro nipoti.

 

Franz Coriasco