Cosa c’entra una rockstar stagionata come Sting con un idolo del reggae-pop come Shaggy? Pochino in verità, sia come tipologia espressiva che come modo di proporsi. Ma di mezzo c’è un’amicizia costruita di recente, sulla base di chissà quali affinità – o più probabilmente complementarietà -, e il comune dna reggae che ebbe un ruolo importante nella formazione artistica del rocker britannico.
L’operazione che ha portato a questo album in comune doveva inizialmente produrre solo un singolo, ma evidentemente il sodalizio ha convinto entrambi a proseguire. E direi che tutto sommato il connubio funziona. Niente di trascendentale, ovviamente, ma una manciata di canzoncine di stagione, solari, intriganti, senz’altre pretese che farsi ascoltare. E lo stesso vale per le due star che si sono ritrovate in sala per il puro piacere di fare musica insieme, per divertirsi e divertire.
Siamo ovviamente molto lontani dalle raffinatezze (talvolta un po’ intellettualoidi) dello Sting solista, e più vicino ai rocketti in levare della sua prima e ormai leggendaria band. Ma l’ombra dei Police è leggera, così come l’esuberanza di Shaggy è sempre imbrigliata dall’approccio educato e signorile del compare.
Franz Coriasco