La band guidata da Jackob Dylan, uno dei pargoli del sempiterno Bob, è di nuovo in pista.
Inciso in quel di Nashville e pubblicato a ben sette anni dal precedente, il nuovo album risulta fin dal primo ascolto ben strutturato e rifinito, compatto, stilisticamente riconducibile all’ortodossia del folk-rock springsteeniano, quello più poppeggiante ed energetico beninteso, e certo molto più levigato di quello del celeberrimo padre.
Sorprende la presenza di un’icona del combat-rock come l’ex Clash Mick Jones, in una sorta di gemellaggio fra l’odierna Los Angeles e la London bruciante dei primi anni Ottanta: due polveriere vibranti di malesseri e tensioni sociali, ma anche due miniere dove si celano – allora come oggi - creatività e passioni fatte apposta per essere raccontate e cantate.
Jakob e soci firmano con questo il loro sesto album (cui sono da aggiungersi un paio di avventure soliste del leader), e danno l’impressione di aver trovato una più precisa e funzionale formula espressiva. Ad maiora...
(Franz Coriasco)