UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Sale della comunità, sfida digitale

Lo si credeva uno scoglio in­superabile: con­versione forzata al digitale entro il 31 dicembre, altri­menti nessun film da proiettare nel nuovo anno. Per le sale della comunità, invece, i numeri stanno invitando all'ottimi­smo. Avvenire ha intervistato il Segretario Generale dell’Acec, Francesco Giraldo.
12 Dicembre 2013
Lo si credeva uno scoglio in­superabile, ossia l’inizio della fine. Il digitale. Con­versione forzata al formato entro il 31 dicembre, altri­menti nessun film da proiettare nel nuovo anno. Per le sale della comunità, quelle del­le parrocchie italiane, una chiusura messa in preventivo. Ma i numeri di­cono altro e all’estrema preoccupa­zione si è sostituito un pratico ottimi­smo. «Quello che conta è che alla fine il digitale metterà nella condizione di crescere dal punto di vista progettua­le – dichiara convinto Francesco Gi­raldo, Segretario Generale dell’Acec, l’Associazione che riunisce tutti gli e­sercenti cattolici – perché le sale che hanno un progetto culturale alle spal­le sono arrivate o arriveranno al digi­tale senza grossi problemi. Non si po­teva più dilazionare questo appunta­mento e molte parrocchie lo hanno capito: delle 1.000 sale della comunità, di cui 250 con attività sporadica e 750 con oltre 100 giorni di programma­zione annuali, il 53% (il dato nazio­nale è ad oggi il 63%) è già transitato verso il digitale. Molte, come recente­mente è avvenuto a Palestrina, altre sono state addirittura riaperte proprio grazie all’innovazione tecnologica. Comunque, si tratta di un passaggio non amministrativo, ma dettato dal mercato e quindi la data di fine anno è più immaginaria che concreta».

La conversione obbliga ad investi­menti considerevoli.
Costa circa 50.000 euro, 80.000 se si sceglie il 3D. Le parrocchie hanno di­mostrato creatività nella raccolta dei fondi necessari: autotassazioni e pe­sche di beneficenza. Esistono anche dei bandi per accedere a fondi spe­ciali. E non è mancato il sostegno di alcune diocesi.

Mettiamoci nei panni di chi gestisce le sale della comunità: cosa suggerisce?
Di accettare la sfida. In questo senso il digitale ha scoperchiato, con la mol­tiplicazione dell’offerta, i nostri limi­ti anche culturali, nella capacità di af­frontare la contemporaneità in modo diverso, perché l’autoreferenzialità non porta a nulla, è consolatoria, ma manca di appeal per i giovani. La par­rocchia che si mette in un percorso culturale attraverso il cinema dovreb­be tentare di partire da strade che non sono così direttamente riconoscibili.

L’Acec distribuisce per questo tre do­cumentari molto diversi tra loro, of­frendo percorsi inediti di riflessione.
Acquisire il diritto theatrical di un film è un servizio squisitamente culturale e pastorale che noi facciamo alla par­rocchie. Ci siamo resi conto che ci so­no prodotti nuovi che vanno incontro alla sensibilità credente eppure non sono sempre esplicitati, in cui la pro­posta di un percorso di fede parte dal­la sponda di chi non crede. I tre film raccontano la vita e l’esperienza a­morosa senza nessun pregiudizio: protagonisti de L’ultima cima sono don Pablo Domínguez Prieto e tutta la gente da lui incontrata, che lo ricorda all’indomani della sua scomparsa av­venuta nel 2009 durante un’escursio­ne in montagna; Con cuore puro è un affresco sul sentimento, come emer­ge dalle testimonianze dei giovani e di uomini di cultura che ne tentano un’interpretazione; Fedeli alla linea è dedicato alla poliedricità artistica di un personaggio come Giovanni Lin­do Ferretti.

Il criterio della scelta è quello dello sti­molo e del confronto.
Lo abbiamo fatto distribuendo Bella, I colori della Passione e L’amore inat­teso, sempre con Microcinema, di cui l’Acec è tra i soci fondatori. Ci sono oggi sempre più film che toccano i te­mi della spiritualità e della fede e van­no individuati rispettando la sensibi­lità del nostro pubblico.

Un consiglio rivolto ai parroci e gestori delle sale della comunità.
Di investire assolutamente nel digi­tale, perché è una sfida che por­terà la parrocchia e la pa­storale a rinnovarsi sul versante della tra­smissione della fede. Su questo sono i­dealista, ma anche molto drastico. I sa­cerdoti che hanno usato il cinema se ne sono accorti, le sale devono diventa­re sempre più punti di riferimento della loro progettazione pastorale. In­somma, riprendendo una im­magine cara al cardinale Martini: la Bibbia su una mano e un film sul­l’altra