UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Sbarca su Internet la sfida dell'annuncio

La web generation approda in Vaticano. Perché se su Internet «si sta costruen­do il modello antropologico dell’uomo di domani», per la Chiesa è giusto, anzi «si im­pone » – il dovere «di annunciare il Vangelo anche in questo mondo». Un mondo che qualcuno ha già definito «il settimo conti­nente », e che da ieri è al centro della rifles­sione dell’Assemblea plenaria della Com­missione episcopale europea per i media ( Ceem ), in corso in Vaticano, presso l’aula vecchia del Sinodo, sul tema La cultura di Internet e la comunicazione della Chiesa.
13 Novembre 2009

La web generation approda in Vaticano. Perché se su Internet «si sta costruen­do il modello antropologico dell’uomo di domani», per la Chiesa è giusto, anzi «si im­pone » – il dovere «di annunciare il Vangelo anche in questo mondo». Un mondo che qualcuno ha già definito «il settimo conti­nente », e che da ieri è al centro della rifles­sione dell’Assemblea plenaria della Com­missione episcopale europea per i media ( Ceem ), in corso in Vaticano, presso l’aula vecchia del Sinodo, sul tema La cultura di Internet e la comunicazione della Chiesa.
 Tema cruciale, in quanto «Internet è cultu­ra, produce cultura... sta modificando anche il nostro modo di pensare e comunicare», ha detto introducendo i lavori il cardinale Josip Bozanic’, arcivescovo di Zagabria e vicepre­sidente del Consiglio delle Conferenze epi­scopali d’Europa (di cui la Ceem è la com­missione specializzata che segue lo svilup­po dei media e delle comunicazioni eccle­siali). Per questo, ha aggiunto l’arcivescovo, «il crescente peso che sta assumendo Inter­net nella vita delle persone» ci impone «di an­nunciare il Vangelo anche in questo altro mondo», soprattutto perché «per i giovani della web generation che è cresciuta su In­ternet, questo luogo virtuale» sta diventando «lo spazio principale dove avviene la lo­ro formazione umana, morale e conoscitiva. È in Internet che è possibile capire e si co­struisce il nuovo modo di percepire la rela­zione interpersonale, la cultura, il rapporto con il trascendente, con la conoscenza e lo stesso Tempo».
  Presenti monsignor Claudio Maria Celli, pre­sidente del pontificio Consiglio delle Co­municazioni Sociali, che ha porto il benve­nuto ai partecipanti, una ventina di vesco­vi- presidenti delle commissioni episcopali per le comunicazioni sociali nelle loro ri­spettive Conferenze, e poi esperti, addetti stampa, portavoce delle Conferenze episco­pali e rappresentanti di Facebook, Youtube, Identi.ca e Wikipedia , dopo Bozanic’ è in­tervenuto monsignor Domenico Pompili, sotto-segretario della Conferenza episcopa­le italiana e direttore dell’Ufficio per le Co­municazioni sociali della Cei. Il quale ha po­sto all’assemblea le tre domande cruciali da porsi per arrivare a comprendere quali sia «l’influenza dei nuovi media nelle nostre e­sistenze ». La prima di queste, ha detto Pompili, verte «sulla relazione tra virtuale e reale», due «e­sperienze » che si vuole contrapposte ma che, oggi, occorre chiedersi come «possono in­tegrarsi »; perché «non sarà forse che questo virtuale sia diventato anche un po’ reale?». Il secondo interrogativo riguarda come «que­sto nuovo individualismo», definito « networked individualism », individualismo interconnesso, stia ridisegnando «il territo­rio umano e dunque la dinamica relaziona­le ». E la terza, infine, che affonda nel conte­sto ecclesiale, che si pone il problema del modo in cui «è possibile avere in Rete una fi­sionomia riconoscibile senza per questo as­sumere linguaggi scontati o peggio indeci­frabili ». O, in altre parole, «come dobbiamo essere noi stessi, fino in fondo, senza per que­sto assumere uno stile linguistico desueto, quando non tautologico, cioè ripetitivo?» Su queste premesse, ad avviare i lavori, che si concluderanno sabato prossimo, è stata la relazione introduttiva del vescovo di Gap ed Embrun, monsignor Jean-Michel Di Falco Leandri, presidente del Ceem . «Internet – ha detto il presule – è uno strumento, e in quan­to tale non è portatore di morale, ma è uti­lizzato dagli uomini portatori di morale, ca­paci di usarne nel bene così come nel male. Come ogni strumento che moltiplica le capacità umane è portatore tanto di minacce quanto di potenzialità. Tutto dipende dal­l’uso che se ne fa». Per questo, ha osservato, «la moralizzazione di Internet non si farà senza la moralizzazione degli uomini, e in primo luogo di noi stessi».
  Il relatore ha citato «i tre avvenimenti che lo scorso inverno hanno creato scompiglio» nella vita della Chiesa – «l’affaire William­son, l’affaire della scomunica di Recife e l’ af­faire del preservativo» – secondo il relatore hanno rivelato «la forza e la debolezza della comunicazione della Chiesa nel contesto della trionfante cultura di Internet». Per que­sto, ha aggiunto, «non illudiamoci e non fac­ciamo gli struzzi: Internet si trasforma, tra­sforma la nostra società e non può che tra­sformare la Chiesa e il nostro modo di esse­re e operare». D’altra parte «viviamo in un mondo pluralista, nel quale grazie a Internet molti possono avere accesso a tutto e pro­porre il proprio punto di vista su tutto. La Chiesa non può non tenerne conto». 
 

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