UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Scrivere tra le scosse

Da Ferrara la testimonianza del direttore de “La Voce di Ferrara-Comacchio” . "Le mie mani vorrebbero smettere di scrivere, ma è necessario che raccontiamo i fatti, perché i giornalisti non devono abbassare l’attenzione su coloro che stanno subendo le peggiori conseguenze di queste scosse".

30 Maggio 2012
Da Ferrara la testimonianza del direttore de “La Voce di Ferrara-Comacchio” , settimanale diocesano della diocesi estense. "Le mie mani vorrebbero smettere di scrivere, ma è necessario che raccontiamo i fatti, perché i giornalisti non devono abbassare l’attenzione su coloro che stanno subendo le peggiori conseguenze di queste scosse". Domenica 10 giugno, intanto, è stata indetta dalla CEI una colletta nazionale in tutte le Chiese d'Italia....
 
 
Sto scrivendo queste poche righe mentre ancora è forte l’impressione per la scossa di cinque minuti fa (ore 9.02). Ero in auto, fermo al semaforo davanti al castello estense. Ho avvertito la macchina scuotersi a destra e a sinistra. Là, in alto, le torri del castello ondeggiavano. Sono salito in redazione e già arrivano notizie terribili da Carpi e da Cento. Purtroppo ci sono stati altri morti e le mie mani vorrebbero smettere di scrivere, ma è necessario che raccontiamo i fatti, perché i giornalisti non devono abbassare l’attenzione su coloro che stanno subendo le peggiori conseguenze di queste scosse. Il pensiero va alle nuove vittime, a coloro che hanno perso la vita e ai loro cari, a quelli che sono senza casa o che hanno appena dovuta abbandonarla, e poi a tutti i sacerdoti le cui chiese sono crollate o inagibili.
I volti smarriti emergono chiaramente dalle prime immagini del nuovo terremoto e ci raccontano sempre la stessa cosa: “Perché proprio a noi?”. Ho letto le stesse espressioni sulle facce dei tanti sacerdoti che ho visitato in questi giorni. Continuo a scrivere, mentre mi gira la testa in modo persistente e prendo coscienza che sto scrivendo “in diretta”. Siamo al secondo piano di un antico edificio al centro di Ferrara dove ogni sussulto della terra è chiaramente percepibile. Ancora una scossa, il computer davanti a me vibra per qualche istante. Sento Barbara dalla stanza a fianco che non nasconde l’ansia e ripete: “Appena finito andiamo!”. Lavora in piedi, le mani sulla tastiera e la testa leggermente inclinata in avanti. Si gira di frequente verso la finestra per sincerarsi che fuori il mondo sia ancora lì, o forse per ascoltare se arriva quel rumore che ormai tutti abbiamo imparato a riconoscere e che assomiglia a una gara di camion impazziti: la voce del terremoto.
È strano quanto alcune cose che nella normalità non sentivi più, ora diventino fonte di ansia: una macchina che passa ad alta velocità, il grido di una donna in strada, una corsa lungo un corridoio al piano di sotto. Dobbiamo fare presto ma anche controllare bene quello che scriviamo; controllare se i dati sulle vittime sono aggiornati, controllare se l’elenco delle circa ottanta chiese inagibili della diocesi è stato scritto correttamente. Ci pensa Nicoletta.
Tutte le manovre di routine oggi sembrano svolgersi a rallentatore mentre solo le brutte notizie si manifestano velocemente: Cavezzo e San Giacomo Roncole sono in ginocchio! Mi fermo come impietrito. Solo pochi mesi fa abbiamo celebrato il funerale di Norina Galavotti, mamma di 74 figli a Nomadelfia. Era di San Giacomo Roncole e don Zeno Saltini fondò lì il primo nucleo di Nomadelfia. La prego in silenzio: proteggi la tua gente! Abbiamo finito e in un attimo ci troviamo in strada. La solita telefonata alla tipografia di Imola: anche loro sono in strada. Ci scambiamo un augurio e sentiamo che ora anche loro sanno meglio cos’è un terremoto.
 
Massimo Manservigi
direttore de “La Voce di Ferrara-Comacchio”