UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Scuola e media: quale prospettiva educativa nel mondo digitale?

"Come comporre i modi di costruire significato e di apprendere tipici della scuola classica con quelli informali proposti dai new media digitali? Questo è il problema che la scuola ha di fronte". Lo ha detto il prof. Piercesare Rivoltella (Univ. Cattolica) in un suo recente intervento a Padova.
31 Maggio 2010
"Come comporre i modi di costruire significato e di apprendere tipici della scuola classica con quelli informali proposti dai new media digitali? Questo è il problema che la scuola ha di fronte", ha affermato Pier Cesare Rivoltella, docente all'università Cattolica di Milano, dove è direttore del corso di perfezionamento in Media education, intervenendo in un recente convegno svoltosi in un liceo di Padova. I new media come il cellulare, gli applicativi di instant messenger e i social network, ha spiegato Rivoltella, sono un prolungamento della vita sociale dei giovani. "I new media sono trasversali a tutte le nostre pratiche quotidiane e sono spazi di partecipazione e come tali la scuola non può ignorarli. E sempre più oggi il tema dell'educazione ai media va declinato come educazione alla cittadinanza". E ha aggiunto: "Non è vero che sottraggono tempo alle relazioni 'in presenza', consentono invece ai ragazzi di continuare forme di relazioni reali, di rappresentare la propria vita sociale e di manifestare la propria identità. Oggi sono anche spazi di mediazione familiare, ad esempio quando i genitori chiedono ai figli di portare con sé il cellulare, consentendo loro più libertà perché convinti di esercitare un maggiore controllo".
Quanto alla scuola classica, Rivoltella ha comparato la lettura di un libro, che sviluppa competenze analitiche e causali, a ciò che produce il contatto con i media digitali. "Un cervello che legge è un cervello che pensa in un certo modo. Ma se appartiene a un ragazzo che smanetta sulla Rete e sostituisce all'oggetto libro le nuove tecnologie, acquisirà competenze diverse". Riprendendo un recente studio di Mizuko Ito, dell'Università di Stanford, Rivoltella ha indicato quindi quali sono queste capacità differenti, paratattiche, che i new media possono apportare: ad esempio il multitasking, ovvero la capacità di tenere più compiti sotto controllo, o l'attenzione periferica distribuita e non centrale (poca attenzione a chi parla, come ben sanno gli insegnanti, perché si tiene d'occhio l'ambiente). "Si tratta di competenze reali, che anche un semplice videogioco può far sviluppare: pensiamo alle capacità di prendere decisioni in tempi rapidissimi, necessarie al ragazzo se non vuole 'morire' presto nel gioco". Tra le competenze Rivoltella ha posto anche il pensiero breve. "È naturale che un cervello abituato ad esprimersi in 140 caratteri e schermi piccoli sviluppi questa forma di comunicazione".
Quale quindi il compito della scuola? "Si tratta di promuovere il nuovo senza buttare il vecchio, ovvero fare dialogare due mondi separati, rendendosi conto che oggi l'apprendimento passa anche attraverso i new media. Un esempio è il videogioco sull'Inferno dantesco (Dante's Inferno), uscito a febbraio, fantasioso ma per molti aspetti fedele all'opera originale. Non si può certamente insegnare Dante attraverso una Playstation, ma ci si deve rendere conto che i giovani imparano anche in maniera non convenzionale". Per raggiungere l'obiettivo, la scuola può utilizzare soluzioni tecnologiche ponte ("merging technologies") tra formale e informale: un esempio di grande diffusione, è Facebook, con alcune sue applicazioni. "L'alternativa è il rifiuto dell'informale sociale, che sarebbe però un non voler dare spazio alla cultura giovanile, con conseguenze immaginabili". Rivoltella ha suggerito di ripensare anche i classici progetti curricolari tenendo conto delle competenze acquisite tramite i media digitali. "Penso che si potrebbero raggruppare esperienze diverse e che potrebbero apparire poco utili in pacchetti trasversali e multidisciplinari di competenze: sarebbe un modo per recuperare l'informale sociale all'interno di un classico strumento formale".