UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Se i media “plasmano” l'uomo

No ad allarmismi, incoscienza o rassegnazione. Oggi i media esigono dagli adulti consapevolezza delle loro potenzialità e rischi, e capacità di attrezzarsi per orientare i più giovani verso un loro utilizzo sicuro e costruttivo. È la tesi di fondo emersa nel corso della presentazione dell'ultimo volume di Elisa Manna, “Anima e Byte".
31 Maggio 2013
No ad allarmismi, incoscienza o rassegnazione. Oggi i media esigono dagli adulti consapevolezza delle loro potenzialità e rischi, e capacità di attrezzarsi per orientare i più giovani verso un loro utilizzo sicuro e costruttivo. È la tesi di fondo emersa il 28 maggio a Roma (Pontificia Università Lateranense), nel corso della presentazione del volume di Elisa Manna, responsabile del Settore politiche culturali del Censis e vicepresidente del Consiglio nazionale degli utenti, “Anima e Byte. Media, valori e nuove generazioni” (ed. Paoline 2013). Intervenuto all’incontro, il cardinale vicario Agostino Vallini ha espresso apprezzamento per “l’attenzione” del Censis verso questi temi, ed ha auspicato che il volume “faccia pensare tanta gente”.
Fabbrica di impazienza. La “combinazione tra vecchi e nuovi media” incide sul singolo, sul rapporto con gli altri, e ha effetti anche “sull’escalation della violenza collettiva”, osserva Giuseppe De Rita, presidente del Censis. Per i minori costituisce “una fabbrica di impazienza”, ostacola la “concentrazione intellettuale”, crea “isolamento all’interno dell’io” e “impoverimento semantico”. “Nella macchina da guerra che oggi è la comunicazione di massa ‘l’altro’ non esiste”. Troppo poco lo spazio dedicato a immigrazione, disabilità, diritti delle donne. “Nei gruppi che si creano via web i componenti sono tutti uguali mentre la comunità virtuale dovrebbe essere una palestra del rapporto con l’altro”. “Bisogna resistere, anche se in minoranza - è il monito di De Rita - per fare accettare e valorizzare la diversità come fattore di arricchimento”. Quanto agli episodi di violenza che continuano ad insanguinare ogni giorno la cronaca, spiega: “Se sei solo e privo di linguaggi per comunicare, ti rimane unicamente il linguaggio della violenza”, manifestazione di “una psicologia individuale oppressa da una comunicazione di massa che rende il singolo sempre più povero, ‘l’altro’ una figura disturbante, e porta ad un’espressione sociale prevalentemente aggressiva e ‘tranquillamente’ accettata dalla nostra assuefazione”.
Sensibilità e responsabilità. L’invito a rivalutare il silenzio, “elemento della comunicazione e dell’attività giornalistica che oggi ci manca”, è di Antonio Preziosi, direttore di Radio 1 e del Giornale radio Rai. “Una delle principali insidie del giornalismo moderno - sostiene - è la distinzione tra il vero e il verosimile” di fronte alla quale “per non prendere abbagli occorre essere professionalmente attrezzati”. Ma anche la velocità, “innegabile pregio” che tuttavia richiede, “in questo mondo in cui la competizione è tutto, di guardarsi dall’impazienza, dal voler arrivare a tutti i costi per primi sulla notizia, magari senza le necessarie verifiche. Per andare in rete e sul web servono sensibilità e responsabilità”. I destinatari devono essere a loro volta capaci di un serio “esercizio di discernimento”.
Due rischi. “Il mondo è cambiato e con l’infobesità delle notizie stiamo perdendo la memoria”; tuttavia “non dobbiamo difendere ciò che c’era prima”, ma piuttosto “capire questi fenomeni standoci dentro e scommettendoci la faccia”, chiosa padre Francesco Occhetta, gesuita e scrittore de “La Civiltà Cattolica”. Occorre inoltre “saper dare contenuti. Quando si danno contenuti la gente del web li premia e si creano elazioni”. Due, per il gesuita, i rischi dei media per i giovanissimi: “la violenza legata all’emulazione, dalla quale possono essere ipnotizzati”, e “gli effetti pervasivi della pubblicità”. “Dobbiamo dare strumenti alle famiglie e alla Chiesa - è il suo monito - non per innalzare barriere, ma per erigere ponti costruttivi e di dialogo”; occorre interrogarsi sul concetto di privacy e sulla modalità di tutela dei più deboli. La Chiesa “dovrebbe chiedersi come sa stare in rete”. In generale, “occorre recuperare la dimensione spirituale della vita ed essere ‘contemplativi’ nell’educazione”.
Il timone della vita. Sul trinomio media-violenza-minori si sofferma anche Elisa Manna: “Il problema non è il singolo programma, bensì l’effetto cumulativo di giornate, mesi, anni che strutturano l’antropologia, il modo di essere e di intendere i sentimenti, gli stili di vita”. È necessario “valorizzare quanto di buono i media offrono”, ma al tempo stesso “sapere che portano con sé la forza aggressiva della tecnologia e del mercato”. “Non dobbiamo spaventarci - ha concluso - ma aiutare i nostri figli a tenere ben saldo in mano il timone della loro vita”.
(a cura di Giovanna Pasqualin Traversa